Architettura

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Per quanto riguarda l’era pre-islamica, le sole testimonianze importanti che rimangono dell’architettura persiana sono quelle dello straordinario ziggurat elamita di Choga Zanbil. Nell’antichità, i materiali da costruzione erano costituiti essenzialmente da mattoni di fango asciugato al sole; i mattoni cotti cominciarono ad essere utilizzati per le superfici esterne solo a partire dal XII secolo a.C. Gli antichi abitanti dell’altopiano iranico attribuivano grande valore simbolico-religioso alle montagne, e ad imitazione delle montagne venivano costruite le strutture, come appunto i grandi templi piramidali chiamati ziggurat.

Con lo scorrere dei secoli, le due influenze più rilevanti sugli stili architettonici furono quelle esercitate prima dalla religione di Zarathustra e poi dall’Islam. La maggior parte degli edifici più grandi erano costruiti per scopi religiosi, ma le influenze della religione erano evidenti anche nelle costruzioni destinate ad altri usi – persino le chiese cristiane in Persia avrebbero spesso incluso elementi islamici.

D’altro canto, l’architettura dei palazzi cambiava notevolmente a seconda del periodo. Ai tempi di Ciro, per esempio, essi erano di forma oblunga, di proporzioni squisite, e in genere rifiniti con colori contrastanti. I palazzi di Dario e Serse erano più grandi e di migliore qualità, ma piuttosto pesanti e privi di colori, caratterizzati dalle elaborate sculture negli ingressi, sulle scalinate e sulle colonne. Il disegno più consueto era costituito da un largo salone con colonne, circondato da stanze più piccole; un altro carattere distintivo era il ricorso alle nicchie accanto alle finestre, che si possono trovare ancora oggi nelle case persiane. I materiali utilizzati includevano mattoni grezzi per le pareti, pietre di estrazione locale per le finestre, gli ingressi e una parte dei muri e delle colonne, e pesanti travi di legno per i tetti.

La conquista di Alessandro Magno mise virtualmente fine allo stile achemenide in Persia, ed avviò l’introduzione nel Paese dell’Ellenismo sotto i Seleucidi. Non ne rimangono esempi importanti, se si esclude il Tempio di Anahita a Kangavar, con capitelli greci, costruito in onore di una divinità greca (Artemide).

Nell’epoca dei Parti si verificò una sorta di contaminazione, o fusione, tra l’Ellenismo e gli stili indigeni, accompagnata da qualche influenza romana e bizantina, ma nel contempo comparvero parecchi elementi tipicamente persiani, come l’eivan, la grande sala-portale con volta a botte aperta.

Nel periodo sassanide gli edifici divennero più grandi, più pesanti e più complessi, le decorazioni più coraggiose, e più frequente l’uso del colore, specialmente negli affreschi e nei mosaici. I Sassanidi costruirono templi del fuoco (in riferimento alla religione di Zarathustra) su tutto il territorio dell’impero, e il disegno semplice dei primi esempi si mantenne per tutto il resto dell’era pre-islamica, persino nella progettazione delle chiese. La meta di pellegrinaggio più importante dell’impero persiano pre-islamico, Takht-e Soleiman, risale all’era sassanide. Ma le caratteristiche centrali degli edifici sassanidi (il piano di quattro eivan con camera quadrata a cupola, i pilastri su cui poggiava la cupola e il grande ingresso ad arco), squisitamente persiane, avrebbero rivestito grande significato anche nei secoli successivi, per esempio influenzando lo sviluppo di un modello tipicamente persiano di moschea, la cosiddetta “moschea madresseh” edificata sul piano dei quattro eivan.
L’arte dell’Iran islamico si basa ampiamente su quella dei Sassanidi, ma circoscrivendosi solo ad alcune forme. In altri termini, l’invasione araba del VII secolo non soppiantò lo stile sassanide, così ben sviluppato, ma introdusse il fattore islamico che esercitò un’influenza pervasiva sulla maggior parte delle forme artistiche persiane, sia plasmando la natura e il disegno architettonico di base degli edifici religiosi, sia definendo il tipo di decorazione.
La moschea (mesjed) è ovunque nel mondo il simbolo dell’Islam, in quanto luogo dell’incontro fra l’uomo e Dio, e fra uomo e uomo. Le sue forme possono essere estremamente varie, e pur essendo casa di preghiera essa può fungere anche da sala di riunione, da scuola religiosa, a volte da aula di giustizia.

La maggior parte delle moschee iraniane si conformano, in tutto o in parte, a un disegno che in Iran deve essere considerato la norma. Esso consiste di un grande spazio aperto centrale, dove a volte si possono piantare alberi e fiori, con un grande eivan che si apre sul lato rivolto a La Mecca e introduce in un santuario coperto da una cupola. Sugli altri tre lati dello spazio centrale vi sono arcate e altari, e nel centro di ciascuno troviamo un eivan più piccolo. Alla sinistra e alla destra del santuario possono trovarsi sale con archi, ed anche logge (dove spesso si raccolgono le donne) da cui si può vedere il mehrab, la nicchia che indica la direzione della Qaaba, davanti alla quale pregano i fedeli. Nelle moschee più grandi l’eivan meridionale, che spesso costituisce l’ingresso principale, è fiancheggiato da minareti.

I primi minareti erano quadrati, perlomeno riguardo ai piani più bassi, ma ne rimangono pochi di questo tipo nell’Iran di oggi. I minareti cilindrici nacquero nel nord-est dell’Iran: erano fatti di mattoni e affusolati verso la cima. Fino al XIII secolo erano quasi sempre singoli e posti nell’angolo settentrionale della moschea. Nel XV secolo cominciarono ad essere ricoperti di mosaici o piastrelle colorate, secondo il gusto del tempo. Ma nel Paese i minareti sono poco numerosi rispetto, per esempio, alla Turchia; solo ad Isfahan occupano un posto preminente nel paesaggio.

I sacrari, o sepolcri di santi, sono assai frequenti in Iran: se ne trovano in quasi tutte le città, e i sacrari di villaggio o costruiti lungo le strade sono un elemento tipico del paesaggio persiano. In genere sono edifici modesti, circolari o quadrati o ottagonali, sormontati da una cupola o da un cono. Molti sono suggestivi ma privi di grande valore architettonico, ed assumono caratteri distintivi regionali; i sacrari più famosi, strutture “in progress” cui ogni generazione di devoti aggiunge qualche elemento, sono però fra i più splendidi, e a volte i più opulenti, edifici del Paese.

Le tombe secolari si suddividono in due grandi categorie architettoniche: i mausolei a cupola e le tombe a torre. I primi hanno qualche affinità con i sacrari più grandi: spesso sono ottagonali e sfociano in una cupola circolare, sono costruiti per essere visitati e ammirati all’esterno come all’interno, allo scopo di ispirare reverenza verso personaggi non religiosi ma degni di essere ricordati. Le tombe a torre, tipiche soprattutto dell’Iran settentrionale, erano concepite con uno spirito molto diverso: come luoghi di riposo solitari e remoti, non destinati ad essere frequentati né ammirati da visitatori.

Per quanto riguarda i palazzi, rimangono molte testimonianze di epoca achemenide e sassanide, edifici impressionanti sia per le dimensioni sia per la qualità dei dettagli; ed alcuni di essi si sono conservati quasi miracolosamente, come a Persepolis. Delle residenze reali dei Selgiuchidi e dei Mongoli si è persa ogni traccia. Rimangono invece i palazzi reali dei Safavidi, ma solo nell’area di Isfahan.

Un discorso a parte meritano infine i caravanserragli. Lungo la Via della Seta, durante i secoli, vennero costruiti numerosi edifici pubblici, cioè destinati all’uso collettivo, quali i caravanserragli o gli Ab-Anbar, cisterne sotterranee di raccolta e conservazione dell’acqua. I caravanserragli venivano utilizzati sia come alberghi per la sosta, sia come magazzini di deposito per le merci, e la varietà delle loro forme architettoniche e stilistiche è dovuta a numerosi fattori, economici, militari e in molti casi religiosi.

Lungo l’itinerario dal Khorassan a Kermanshah, che attraversa zone differenti quali le regioni di Semnan, la Regione Centrale, la regione di Teheran e quella di Hamedan, si possono ancora osservare parecchi caravanserragli, per la maggior parte costruiti durante il periodo safavide – alcuni tuttavia risalgono al periodo pre-islamico, altri, più recenti, appartengono all’epoca Qajar. Tutti comunque risentono delle lesioni del tempo, ed in un certo numero di casi (come in quello di Sar-e Pol-e Zahab, di epoca safavide, la cui struttura in mattone a quattro porticati si trova in condizioni deprecabili, nonostante da tempo si parli di un suo possibile recupero) si possono osservare soltanto rovine, in conseguenza dei danni prodotti da inondazioni e terremoti.

I caravanserragli più importanti si trovano nella regione dell’odierno Khorassan. Quello di Mahidasht, edificato in era safavide, poi restaurato e rimesso in funzione nel 1893 per volontà di Nasser ad-Din Shah Qajar, è ubicato a nord-est della cittadina omonima, ed è costituito da quattro porticati. Il cortile centrale è uno spazio quadrato di settanta metri di lato; il portale d’ingresso si apre nel lato sud, e varcandolo si entra in un vestibolo con il soffitto a cupola il quale a sua volta si collega con il porticato di meridione. Il plinto del portale è in pietra: si trova fra le due arcate di oriente e d’occidente e si estende sino a dove comincia il vestibolo. Su ciascuno dei due lati dell’ingresso si vedono cinque archi doppi e due archi decorativi in funzione di alcove. Una volta entrati nel caravanserraglio, si osservano due piccole arcate, ognuna larga un metro ed alta due, che entrambe conducono alle camere a cupola.

Settanta chilometri ad occidente di Kermanshah, sulla strada che da questa città conduce a Karbala, luogo particolarmente venerato dagli Shi’iti perché sede della tomba del santo Imam Hossein che proprio in quel luogo subì il martirio, si incontra il caravanserraglio di Islamabad-e Qarb (“Islamabad Ovest”). Al tempo del suo massimo splendore, questo era probabilmente uno dei caravanserragli più belli e frequentati della zona di Kermanshah. E’ composto da quattro porticati, e il cortile centrale ha forma rettangolare. L’ingresso, nel lato sud, è riccamente decorato, assai più di quanto non lo siano quelli degli altri caravanserragli della regione. Come il precedente, anche questo risale all’epoca safavide e venne restaurato durante il periodo Qajar.

Nei pressi del villaggio di Bisotoun, di fronte al monte omonimo, circa 38 chilometri a nord di Kermanshah, si trova il caravanserraglio detto “di Sheikh Ali Khan Zanganeh”, dal nome del governatore della zona durante il regno di Shah Abbas I Safavide il Grande (1587 – 1628): infatti, quando divenne primo ministro sotto il successivo regno di Shah Soleiman, Sheikh Ali Khan fece dono alla collettività di alcuni dei terreni adiacenti così che i profitti derivanti dalla loro coltivazione fossero destinati alla manutenzione del caravanserraglio. Il piano della struttura, a quattro porticati, è molto simile a quello di Mahidasht, ma ai quattro angoli si ergono altrettante torri ornamentali, e il cortile centrale è rettangolare (83,6 metri per 74,50). Tutt’attorno si contano 47 stanze, in ciascuna delle quali venivano alloggiati i viaggiatori delle diverse carovane.

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