TERZA PARTE
L’ARTE NEL PERIODO DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN
STORIA
Reza Khan, comandante dell’esercito, nel 1921 prese in mano il potere con un colpo di stato e si autonominò re nel 1926, dopo aver cacciato dal paese Ahmad Shah Qajar. Egli in realtà fu messo al potere grazie ad un accordo russo-britannico e pur non credendo fondamentalmente in nessuna fede religiosa, al fine di guadagnare la fiducia ed il favore degli Ulema e della popolazione, rispettò inizialmente le cerimonie religiose, i costumi e le tradizioni islamiche e partecipò in forma ufficiale alle cerimonie di lutto nel mese di Moharram.
Reza Shah si impegnò fortemente per realizzare gli ideali politici del governo inglese e divenne l’agente esecutivo della politica di Chamberlain, il primo minstro della Gran Bretagna. Quest’ultimo sosteneva che per poter dominare le regioni del Vicino e Medio Oriente, bisognava dominare dapprima l’Iran e per arrivare a questo obiettivo, bisognava indebolire la religione sciita che poggia le proprie fondamenta sul Corano e sugli Ulema sciiti. Tutto ciò non si poteva realizzare se non tramite Reza Shah. Questi, nel primo decennio di regno, tentò innanzitutto di limitare l’influenza degli Ulema nella società ed il loro numero, quindi, nel 1935 vietò alle donne iraniane di portare l’hejab e negli ultimi anni del regno proibì lo svolgimento delle cerimonie e delle manifestazioni religiose. Nella seconda metà del regno, si fece assertore della teoria della razza e prendendo a pretesto la comune origine ariana dei due popoli iraniano e tedesco, cambiò rotta e allontanandosi dalla Gran Bretagna si rivolse alla Germania, tecnologicamente molto superiore. Questo fatto fu uno dei motivi per cui, dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1942 il governo inglese insistette sulle sue dimissioni ed egli fu mandato in esilio nella città di Johannesburg in Sud Africa e poi nelle isole Mauritius. Le oppressioni, le ingiustizie ed il duro comportamento di Reza Shah nei confronti di coloro che credevano nella religione dell’Islam, fecero sì che il popolo festeggiasse il suo abbandono del paese. Dopo di lui, salì al potere Mohammad Reza Pahlavi, il primogenito di Reza Shah, uno dei figli avuti da numerose mogli. Egli non avendo la forza e la capacità del padre, regnò come agente assoluto degli stranieri. Agli inizi del suo regno, da un lato l’intero paese fu afflitto dall’insicurezza politica e dall’altro diversi gruppi popolari ebbero modo di far valere le proprie opinioni e di conseguenza si formarono differenti partiti politici. Nel 1950, un gruppo di deputati del parlamento del consiglio nazionale ed alcuni personaggi influenti del paese, compresi universitari e sapienti e persino ulema come l’Ayatollah Kashani e l’Ayatollah Taleghani, si unirono attorno al Dottor Mohammad Mossaddeq e formarono il Fronte Nazionale dell’Iran. Una volta cacciati gli stranieri dal paese, nazionalizzarono le industrie petrolifere e nel 1951 liberarono i tesori nazionali dell’Iran in mano alla Gran Bretagna. Allora lo Shah per riottenere il potere si appellò agli americani, e durante la vice presidenza di Nixon, il primo ministro Mossaddeq venne arrestato con un colpo di stato militare americano e lo Shah, che era fuggito all’estero, ritornò nel paese e con la collaborazione della C.I.A. e della sua filiale iraniana, la S.A.V.A.K. – ossia la polizia per la sicurezza del paese ¬– instaurò un governo di soppressione e di eliminazione degli oppositori. Subito egli avviò, come primo punto del proprio programma, una lotta aperta contro la religione, gli ulema, i nazionalisti e gli islamisti e nel 1964 fece arrestare l’Ayatollah Ruhollah Khomeini, il “Marja’e taqlid”, ossia la fonte di riferimento di tutti gli sciiti del mondo. Questo episodio scatenò una grande manifestazione popolare di protesta in tutto l’Iran il 5 giugno dello stesso anno, in cui persero la vita più di 10.000 persone. Accadde così un evento importante nella storia dell’Iran: si sparse il seme di una rivoluzione grandiosa. L’arresto dell’Ayatollah Khomeini ed il suo esilio, prima in Turchia ed in seguito in Iraq, durato quindici anni, alimentò il seme della rivoluzione. Nel 1978, la folla dei fedeli radunati in un quartiere di Tehran per compiere la preghiera della festa della fine del mese del digiuno, insorse in una grande manifestazione verso il centro della città, dando vita ad una rivoluzione vera e propria. L’Ayatollah Khomeini, scelto dal popolo come Guida, dirigeva dall’estero la rivoluzione. Dopo un anno di manifestazioni, di lotta e di massacri dei manifestanti, finalmente nel febbraio del 1979 la rivoluzione trionfò. L’Imam Khomeini tornò in Iran e dieci giorni dopo il suo ritorno cadde il governo ed il popolo rivoluzionario e credente in Dio prese in mano le sorti del paese. Questo periodo di dieci giorni, venne denominato “I dieci giorni dell’Alba”. Il primo Aprile del 1979, in un referendum per scegliere il tipo di governo, il 98,2 per cento del popolo iraniano votò per la Repubblica Islamica.
La Repubblica Islamica ereditò un paese che durante i 57 anni del regno Pahlavi aveva perso la propria identità in tutti gli affari politici, culturali, artistici, sociali, militari e nelle tradizioni del paese, e che senza diventare completamente occidentale e nemmeno occidentalizzato, portava avanti, in tutti i suoi affari, l’imitazione cieca e servile dall’Occidente. L’unica fonte di salvezza per il paese consisteva nei grandi Ulema combattenti e nella religione sciita, la cui verità con le attività anti-religiose dei Pahlavi, aveva subito delle deviazioni, ma la guida dell’Imam Khomeini riportò il paese ed il popolo sulla retta via della scuola religiosa Jafarita. Ricominciò così la ricostruzione totale del paese che sembrava molto difficile.
L’ARTE NEL PERIODO DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN
Forse non è ancora il momento di parlare di svolta delle arti nella Repubblica Islamica dell’Iran o per lo meno di “Un’arte della Repubblica Islamica” oppure “L’Arte della Rivoluzione Islamica”. Ma, come con il primissimo lume dell’aurora alla fine della notte buia prospetta nella mente un giorno chiaro che, poco dopo, con il sorgere del sole, dà il via alle attività quotidiane, anche riguardo all’arte, con la comparsa dei giovani artisti che si sforzano di creare, ispirandosi al credo ed al pensiero islamico ed alla ricca cultura millenaria iraniana ereditata, opere definitivamente differenti da quelle dell’epoca Pahlavi, si può forse incominciare a fare una valutazione e dare un giudizio corretto sulla situazione dell’arte nella Repubblica Islamica. In questo modo si contribuisce a spianare la giusta via della creatività artistica alla futura generazione, tenendo in considerazione i punti di debolezza e di forza.
L’architettura e l’urbanistica
Per conoscere l’arte dell’architettura e dell’urbanistica nella Repubblica Islamica, occorre ancora una volta dare uno sguardo alla situazione di quest’arte nell’Iran pre-rivoluzionario. Il Professor Iraj Etessam, architetto e docente universitario, in un articolo dal titolo: “Lo studio comparativo dell’architettura e dell’urbanistica contemporanee dell’Iran e dell’Europa” scrive: “Anche se Reza Shah durante il suo regno ventennale non si recò all’estero, la presenza di numerosi esperti e consulenti stranieri in tutti i settori, quello amministrativo, militare ed economico, favorì la diffusione massiccia delle esperienze architettoniche ed urbanistiche europee in Iran. Un certo numero di architetti e di ingegneri iraniani, compiuti i loro studi in Europa, in particolare in Austria ed in Germania, diffusero gli stili ed i principi dell’architettura europea in Iran. Per quanto riguarda l’urbanistica, divenne un fatto consueto il modello europeo di demolizione dei monumenti antichi e del vecchio tessuto della città per consentire la costruzione delle grandi strade per la circolazione degli autoveicoli e le vie perpendicolari del traffico urbano. Si distrussero così le vie e le piazze antiche, senza considerare l’importanza delle loro specificità architettoniche ed urbanistiche. Accanto alle piazze e nelle vie adiacenti, vennero costruite sedi amministrative come i palazzi degli uffici della polizia, del municipio, delle poste e delle telecomunicazioni, dell’archivio di stato, del tesoro, della giustizia, al fine di cambiare ed estendere il sistema organizzativo ed amministrativo del paese rispetto al periodo qajar. In ogni modo fu molto palese l’influenza diretta dell’architettura europea nei palazzi sia pubblici sia residenziali. Gli stili e le scuole architettoniche di quel periodo possono essere elencati secondo le seguenti categorie:
1) l’architettura moderna europea ed espressionista tedesca prima degli anni Trenta che guadagnò maggiore credibilità pubblica, come le stazioni ferroviarie, gli alberghi, i grandi supermercati, le università, i palazzi reali e le vie;
2) l’architettura neo-classica dell’Iran con l’uso diretto degli elementi architettonici ed ornamentali dei periodi achemenide e sasanide, come i palazzi della Banca Melli in Via Ferdowsi a Tehran, della Polizia e del Museo archeologico Iran-e Bastan;
3) l’architettura classica europea, con l’uso diretto degli elementi architettonici ed ornamentali europei come il palazzo del Telegrafo in Piazza Sepah;
4) l’architettura mista con l’impiego degli elementi classici europei e le decorazioni iraniane come i palazzi costruiti intorno alla Piazza Hasan Abad di Tehran;
5) l’architettura “semi-coloniale” con l’uso di materiali, del colore e dell’aspetto locali, come i palazzi delle fabbriche costruiti generalmente dai tedeschi;
6) l’architettura come proseguimento dello stile qajar, ma con tendenza esteriorizzante come molti palazzi abitativi.
In ogni modo in tutti gli stili sopracitati, sono molto evidenti l’influenza e la presenza dell’architettura, dei materiali e della tecnologia di costruzione europei. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, e l’occupazione dell’Iran da parte delle potenze alleate e l’esilio di Reza Shah, si registra un periodo di decadenza nello sviluppo urbanistico e negli affari architettonici in Iran. Ma qualche anno dopo l’ascesa al trono di Mohammad Reza Shah, dal 1942, le attività di costruzione ripresero e continuarono sino alla Rivoluzion Islamica. Questa ripresa però fu, più di prima, sotto l’influenza diretta americana ed europea. L’architettura in Europa ed America, nell’arco di 37 anni, dal 1940 al 1977, passò attraverso le varie fasi del modernismo fino al suo culmine, dopodichè assistiamo al suo tramonto nel decennio che segui agli anni Ottanta. È interessante notare che tutte le conseguenze dell’architettura e dell’urbanistica europee ed americane si riflettono interamente nel nostro paese, senza avere la benché minima considerazione delle esigenze reali della nostra società. In realtà i cambiamenti avvengono per imitazioni superficiali in tutti i campi, in particolare nell’architettura e nell’urbanistica.
Abbiamo precedentemente detto che gli anni Cinquanta furono il culmine del modernismo in Europa. Nel 1940 in Iran si istituì la facoltà di belle arti diretta dal francese Andrè Godard, il quale dopo pochi anni lasciò la direzione della stessa all’ingegnere Mohsen Foroughi ed i professori francesi Siroux e Debrol vennero sostituiti dagli ingegneri Seyhoun e Ghiabi, giovani professori neo laureati in Francia. Dopo aver accennato all’insegnamento dell’architettura quale pilastro fondamentale del progresso del modernismo architettonico in Iran, esaminiamo brevemente la situazione e le condizioni sociali, politiche ed economiche del paese per vedere come e in che modo si creò il terreno propizio per lo sviluppo ed il progresso del modernismo architettonico ed urbanistico. La dottrina (economica) di Truman e più precisamente l’articolo 4 della stessa, in Iran divenne la base della programmazione e del progresso economico-sociale, e la società iraniana intraprese un percorso rapido verso l’industrializzazione e la crescita sfrenata dell’urbanistica tanto da diventare una società consumistica. L’architettura e l’urbanistica in questo periodo procedevano con lo stesso ritmo europeo ed americano e subivano gli stessi cambiamenti sia per quanto concerne l’istruzione accademica della materia sia per quanto riguarda i progetti ed i lavori architettonici ed urbanistici. La tendenza del modernismo alla semplicità e gli obiettivi postisi nel dopoguerra, ossia costruire di più risparmiando nel tempo e nei costi, determinò l’esclusione definitiva degli elementi ornamentali e l’uso di materiali da costruzione “poveri” (ad esempio soltanto il mattone, il ferro ed il vetro), il chè pur non essendo fondamentalmente un fattore negativo, ebbe però una grave conseguenza nell’architettura iraniana ovvero una comprensione sbagliata ed un concetto utilitaristico del modernismo, che creò un metodo conosciuto come “costruisci e vendi”. Purtroppo questo metodo, malgrado tutte le difficoltà, continua ancora oggi, per gli stessi motivi della sua apparizione nella società, in quanto le esperienze successive dei nostri architetti non furono e non sono in grado di sostituirlo con un metodo ancor più veloce e meno costoso nella costruzione dei palazzi.
In questo periodo gli edifici importanti, progettati dagli architetti iraniani, rispecchiavano il metodo internazionale secondo i modelli europei ed americani; la bellezza e la gradevolezza di tali progetti dipendeva (e dipende) dalla capacità della progettazione e della realizzazione operativa degli architetti. Alcuni di essi sono realizzati meglio e con buone proporzioni e sono considerati degli ottimi esempi dell’architettura modernistica di quel periodo. Tra le opere importanti possiamo citare il palazzo dell’ex Senato che fu opera congiunta di Foroughi e Ghiabi ed è un edificio costruito secondo i principi modernistici del metodo internazionale. Nella progettazione del mausoleo di Avicenna presso Hamadan ed il mausoleo di Nader Shahin a Mashad, l’ingegnere Seihoun fece un passo oltre il modernismo di stile internazionale e considerando la vita e la fama di quei personaggi, usò delle metafore appropriate nell’architettura di quei monumenti. Ad ogni modo, nell’ultimo decennio di questo periodo, pur ripetendo i metodi e gli stili consueti occidentali, si cercò di utilizzare anche caratteristiche e specificità architettoniche ed urbanistiche iraniane. Sfortunatamente però, le discussioni ed i dibattiti sull’impiego dell’architettura tradizionale iraniana, che si aspettava di creare un nuovo contesto nell’architettura, tranne alcuni casi eccezionali, aprì un nuovo capitolo dal titolo “l’Architettura Nazionale” che fu priva di un significato e di un chiaro concetto. Di conseguenza divenne un’architettura insignificante semi-modernista mascherata o meglio truccata superficialmente con gli elementi architettonici tradizionali, di cui si vedono molti esempi a Tehran e in altre città del paese. Nel 1979, la Rivoluzione Islamica trionfò vittoriosa e mentre si percorrevano le prime fasi dei cambiamenti economici, venne imposta una guerra all’Iran che per 8 anni condizionò tutti i programmi e tutte le attività comprese quelli urbanistiche ed architettoniche. Il primo cambiamento per quanto riguarda l’architettura e l’urbanistica, dopo la Rivoluzione Islamica, avvenne nel campo dell’istruzione e dell’insegnamento architettonico. Il Comitato della Rivoluzione Culturale elaborò un nuovo programma per tutte le scuole e gli istituti di questa disciplina. Però oltre il problema della guerra, fattori determinanti come la mancanza di fonti e di materiali scientifici in lingua persiana, di testi scritti ed elaborati per provvedere agli obiettivi posti nel programma e la mancanza di docenti dotati delle conoscenze e delle capacità necessarie per insegnare e per far comprendere l’architettura e la cultura islamica, indussero gli studenti a rivolgersi all’unica fonte sicura, ossia le riviste ed i libri europei ed americani. Quando si dice che la Rivoluzione Islamica è una rivoluzione di valori, e nel momento in cui anche a livello mondiale l’architettura e l’urbanistica tendono ad utilizzare i valori e le culture locali, è più che mai irragionevole l’imitazione cieca e superficiale dall’estero. L’architettura della Repubblica Islamica per poter provvedere alle esigenze della odierna società industriale e per trovare anche nuovi criteri che abbiano radici nella cultura irano-islamica e poggino sulle nuove tecnologie e materiali, necessita di uno sforzo totale e ponderato in cui l’imitazione dalle apparenze non abbia il più piccolo spazio. D’altro canto, occorre il controllo preciso, l’osservazione dei criteri ed una istituzione o una organizzazione competente con responsabilità direttiva nazionale. Purtroppo, ciò che attualmente si fa e si costruisce in nome dell’architettura, non è soggetto a nessun controllo tecnico ed estetico ed è precisamente la ripetizione di progetti e di opere già realizzate in un altro luogo, in America o in Europa.
Le arti figurative
La pittura
La pittura di questo periodo, ossia dall’instaurazione della Repubblica Islamica dell’Iran nel 1979 sino al 1999, va suddivisa in due sottoperiodi: il primo va dall’inizio sino alla fine della guerra imposta e il secondo dalla fine della guerra in poi. Nel primo sottoperiodo si notano differenti tendenze:
– un gruppo di artisti, poco dotati delle caratteristiche della Rivoluzione Islamica, continuò a dipingere con gli stessi stili consueti americani ed europei, ossia la loro è una pittura priva di forma e di contenuto specifici, una specie di combinazione di linee, superfici e colori che sono gradevoli al pittore, che questi pittori stessi definiscono come pittura internazionale
– un altro gruppo composto da pittori che hanno già trovato e consolidato un proprio stile personale. Tra di essi possiamo annoverare i pittori come Javad Hamidi, Ahmad Esfandiari e Parviz Kalantari
– un terzo gruppo è composto da giovani pittori che vogliono e si sforzano di lavorare a favore della Rivoluzione e di creare delle opere per la sua continuazione. Questi pittori non sono consapevoli o hanno poca conoscenza del proprio bagaglio artistico (ovvero la propria identità artistica millenaria) e sono istruiti secondo lo stile occidentale. Essi cercano di dipingere i temi religiosi o ispirati alla Rivoluzione e alla guerra imposta, ma il loro stile pratico è lo stile del “realismo socialista” dei primi due decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale. È da citare che questo gruppo si formò con questo nome in Russia e fu voluto da Stalin. Per poco tempo lo seguirono la maggioranza degli artisti comunisti europei, ma in seguito, in Francia, cambiò il nome in “Pittori Testimoni del proprio Tempo” e continuò le sue attività sino agli anni Quaranta sciogliendosi poco dopo. In Iran, i seguaci di questo stile sono attivi in una associazione denominata “Howze-ye honari” (‘circolo artistico’). Essi, pur credendo nelle proprie identità personali, seguono i modelli politici europei e godono del sostegno totale delle autorità governative e politiche
– un quarto gruppo, cerca una via in cui non si imitano i modelli stranieri e non prevalgono gli aspetti politici, bensì una via in cui si creano delle opere che hanno radici nella cultura iraniana-islamica e che esprimono i sentimenti e l’estetica iraniane. Questo gruppo, che è in minoranza, ha poca manifestazione artistica.
Nel primo decennio dopo la guerra imposta, il primo gruppo, ovvero gli imitatori della pittura occidentale, oppure come si presentano loro stessi, gli “internazionalisti”, cercò di iranizzare le proprie opere con piccoli cambiamenti, prendendo spunto dai simboli antichi. Essi, entrando alla libera università Azad Eslami, si impegnarono nell’insegnare i propri metodi di lavoro. Il secondo gruppo, ossia i pittori della Rivoluzione, cominciarono ad insegnare le proprie opinioni presso l’Uuniversità dellìArte e l’Università Shahid. In pratica, questi ultimi hanno intrapreso una specie di pittura che ha radici sia nell’arte europea che nella cultura islamica e per questo motivo ha un aspetto tendenzioso. Il terzo gruppo non ha subito alcun cambiamento. Il quarto gruppo infine si è impegnato di più nell’insegnamento dell’arte piuttosto che nella produzione artistica, in quanto tali opere, anche se fossero iraniane ed autentiche, non potrebbe godere del sostegno e del favore dei responsabili governativi dell’arte.
Nel frattempo, giorno per giorno cresce il numero di laureati nelle varie discipline della pittura, e questo fatto ha causato l’aumento dei laboratori di pittura e l’organizzazione di moltissime mostre collettive. Purtroppo però queste mostre vengono organizzate nella capitale del paese cioè a Tehran. Tra queste esposizioni possiamo citare le biennali di pittura e quelle annuali chiamate“Manifestazioni dei Sentimenti”.
Nel 1986 fu presentato, da parte dell’autore del presente libro, al vice ministro per l’arte del Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico, il progetto di organizzare esposizioni biennali al fine di invogliare e di incoraggiare i giovani a creare delle opere artistiche nei diversi rami delle arti figurative come la pittura, la grafica, il fumetto, il disegno, la scultura, l’affresco, la lavorazione in terracotta semplice e smaltata. L’ufficio competente cominciò ad organizzare gradualmente, mettendo a disposizione i mezzi finanziari necessari, esposizioni biennali in ciascuna delle discipline artistiche. Alcune di queste biennali, dopo pochi anni, sono diventate esposizioni internazionali come le biennali della satira e della caricatura, del fumetto e della fotografia (che all’inizio era annuale) e la biennale di grafica. Le biennali di pittura, di grafica e dell’affresco fu accolta con più favore, da parte del pubblico, in particolare dai giovani, rispetto ad altre arti. La biennale di pittura si organizza ogni due anni, in inverno, quella di grafica in primavera, dell’affresco in estate, della fotografia in autunno e quella delle lavorazioni in terracotta in primavera. Il governo della Repubblica Islamica dell’Iran, al fine di incoraggiare gli artisti giovani e creativi, premia i dieci migliori scelti da una giuria composta da artisti famosi, con dieci medaglie d’oro.
Data la grande attività dei giovani nel campo della pittura, oltre alla biennale, si organizza un’ esposizione annuale in occasione della giornata della donna, che si celebra nell’anniversario della nascita della Veneratissima Signora dell’Islam, Fatima Zahra (la pace su di lei), in cui si espongono le opere pittoriche delle donne e delle ragazze, sotto il nome di “la Manifestazione dei Sentimenti”. Ed ancora in occasione dei “Dieci giorni dell’Aurora”, l’anniversario della vittoria della Rivoluzione Islamica, si organizza una esposizione annuale di pittura a Tehran, nei capoluoghi delle regioni e nelle altre grandi città; inoltre, in occasione di alcuni eventi storici, si organizzano spesso delle esposizioni di pittura in cui a volte le opere esposte vengono vendute in favore di qualche gruppo o istituto bisognoso. Tra queste possiamo citare le esposizioni pro-Bosnia Herzgovina, pro terremotati o a sostegno di varie malattie incurabili. Il municipio di Tehran ha istituto anche alcune Casa della Cultura in diversi punti della città e più di 20 laboratori di pittura per incoraggiare gli artisti, per svolgere diversi corsi d’insegnamento delle arti e per organizzare esposizioni individuali e/o congiunte. Una delle esposizioni internazionali di pittura è stata l’esposizione di Haram-e Amn ossia de “Il Sacro Luogo della Sicurezza” che si organizzò in occasione del massacro dei pellegrini iraniani nei giorni del Pellegrinaggio alla Mecca, a cui parteciparono artisti di tutto il mondo, dall’America Latina all’Africa, dalla Cina all’Australia e da altri paesi del mondo.
Una delle attività del Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico è organizzare festival annuali regionali della gioventù nelle discipline del disegno, della pittura e delle altre arti figurative in quattro capoluoghi delle regioni a cui partecipano i maestri e i giovani artisti, al cui termine vengono premiate le migliori opere scelte in ciascuna disciplina artistica. Si organizza anche un’altra esposizione internazionale, che ci si augura possa continuare con scadenza biennale o triennale ed è l’esposizione internazionale della calligrafia del mondo islamico. Questa mostra venne organizzata per la prima volta nel 1998 e vi parteciparono gli artisti di molti paesi islamici.
La miniatura
Quest’arte che erroneamente è stata presentata con il termine straniero di “miniatura”, è un’arte originale e autentica iraniana, la quale dopo il pittore Reza Abbasi, negli ultimi anni del periodo safavide, subì un certo declino qualitativo, dovuto allo splendore ed alla diffusione della pittura di imitazione occidentale ad opera del gruppo di artisti che avevano viaggiato all’estero (come Mohammad Zaman). Nel periodo qajar pochi artisti si occuparono di questo tipo di pittura e la maggioranza di essi viveva nelle città lontane dalla capitale, come Isfahan e Shiraz, ove si rispettavano i costumi, le tradizioni e la cultura del passato e si insegnava quest’arte a pochi allievi. Nel periodo pahlavi, per pochi anni, un gruppo di artisti insegnò quest’arte in una scuola fondata da Hossein Tarherzadeh-ey Behzad, tra di loro ci furono maestri come Bahadori, nel disegno del tappeto, Hadi Tajvidi, il pittore miniaturista e qualche altra persona che si occupò di essa sino alla fine della vita e cercò di insegnarla anche nelle proprie case. Tra gli allievi di questo gruppo possiamo citare i nomi di Mahmud Farshchian, Houshang Jezi Zadeh, Abu Ata, Motie e Mohammad Tajvidi. Però Reza Shah, dopo il ritorno di Kamal ol-Molk dall’estero e l’istituzione della scuola superiore di Kamal ol-Molk, fece chiudere la scuola delle arti nazionali di Taherzadeh-ey Behzad, proibendo ogni sua attività. Durante il regno del primo Pahlavi si cercava soltanto di insegnare ad un livello molto basso, il minimo dei principi di queste arti nelle scuole superiori delle arti e delle tecniche e di prevenirne la scomparsa definitiva. Dopo la Rivoluzione Islamica, il Comitato della Rivoluzione Culturale istituì una disciplina universitaria dal nome di “Industrie Manifatturiere” ossia l’artigianato, al fine di preservare le arti nazionali e locali, in cui si mettevano a disposizione degli studenti conoscenze detagliate riguardo le differenti arti cadute in oblìo come la tessitura di kilim, la lavorazione della cramica, ecc. Anche la pittura, la doratura e la miniatura facevano parte dell’artigianato ed il loro insegnamento iniziò anche se in maniera non molto approfondita. Nel primo decennio dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, un gruppo di maestri e di artisti credenti nei valori e nei principi autentici irano-islamici dell’arte (compreso l’autore del presente libro) cercarono di far introdurre nelle università l’insegnamento della pittura della miniatura ed altre arti islamiche come materia d’insegnamento accademico, ma questa richiesta non venne accolta dal dipartimento per la programmazione del Ministero della Cultura e dell’Educazione Superiore. Quindi questo gruppo si impegnò ad invogliare e ad incoraggiare i giovani, indirettamente e attraverso la pubblicazione di articoli e discorsi in diversi sedi e questo favorì l’organizzazione della prima biennale di pittura della miniatura nell’estate del 1994 ed un insieme di conferenze su questo argomento. Questa esposizione attirò molti giovani verso quest’arte, tanto che il numero dei partecipanti alla seconda biennale quasi raddoppiò. Questo indusse le facoltà d’arte come l’università Shahid e quella di Yazd ad includere quattro unità di miniatura nei propri programmi d’insegnamento accademico. Ed inoltre si svolsero dei corsi liberi d’insegnamento dell’arte da parte di pochi maestri ancora in vita. Con la pubblicazione degli atti della seconda biennale di pittura della miniatura da parte del Ministro della Cultura e dell’Orientamento Islamico e dell’Associazione delle Arti Figurative, e con la pubblicazione di diversi articoli sulla rivista trimestrale d’arte, persino gli artisti appartenenti al quarto gruppo si occuparono di fare delle ricerche sui principi di quest’arte ed a tradurre gli articoli scritti su questo argomenti dagli orientalisti ed a pubblicarli. Con la pubblicazione del libro “La Visione dell’Arte della Rivoluzione Islamica” da parte della casa edittrice Oruj è auspicabile che in un futuro non tanto lontano assisteremo alla rifioritura di un’arte irano-islamica che sia degna della Repubblica Islamica dell’Iran. Tra gli insigni maestri di quest’arte si devono nominare gli artisti come Mahmud Farshchian, Houshang Jezi Zadeh, Rostam Shirazi, Motie, Mehregan, Aqa Miri, Takestani, Alijan Pur e Rajavi.
La grafica
Nella classificazione delle arti, quest’arte può essere considerata un ramo del disegno e della pittura, attuata attraverso l’utilizzo di punti, linee, superfici e colori. Essa viene utilizzata per la pubblicità nella società industriale; in altre parole essa è al servizio del consumo della società attraverso messaggi chiari ed espliciti. Gli artisti grafici, più dei pittori, hanno promosso iniziative e manifestazioni di gruppo. La prima e la seconda biennale di quest’arte è stata organizzata dall’Associazione degli Artisti Grafici in collaborazione con il dipartimento delle pubblicazioni dell’Organizzazione della Radio e Televisione della Repubblica Islamica dell’Iran (I.R.I.B.), Soroush, nella sede del museo delle arti contemporanee. E dalla terza biennale in poi il Centro delle Arti figurative del Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico si è assunto la responsabilità di organizzarle, usufruendo dei sussidi finanziari del governo. Le sezioni presentate generalmente in queste esposizioni sono: pubblicità murale o poster; il segno; il pittogramma; l’impaginazione; l’illustrazione dei libri ed altri disegni di questo tipo che sono al servizio della produzione e del consumo della società odierna.
Una sezione dell’arte grafica, ovvero la satira – tradizionalmente definita in Iran caricatura – venne presentata dapprima nella biennale di grafica ed in seguito in una biennale indipendente della caricatura, che assunse subito carattere internazionale. Successivamente vennero organizzate a livello internazionale anche la biennale di grafica e l’annuale di illustrazione dei libri per bambini.
Per l’altro ramo dell’arte grafica, ossia la fotografia, si organizzò dapprima una manifestazione annuale, ma l’incapacità a presentare foto di qualità e creative, indusse i responsabili ad organizzarla ogni due anni e dopo la sua prima biennale, si organizzò a livello internazionale. L’esposizione di disegni ed illustrazioni dei libri per bambini si organizzò annualmente a livello nazionale, ed in seguito al fine di arricchirla qualitativamente, la si organizzò a livello internazionale. L’internazionalizzazione delle esposizioni fu molto utile per la giovane generazione, in quanto dette l’opportunità di conoscere l’evoluzione e il progresso di queste arti in altre parti del mondo, ma ebbe (ed ha tuttora) anche degli aspetti spiacevoli che sono tra l’altro inevitabili, tra cui il fatto che l’artista iraniano per essere attivo a livello mondiale, abbandona la propria identità artistica e segua l’arte internazionale, in particolare quella occidentale. Questo vale anche per la pittura.
Le altre arti
Tra le altre esposizioni biennali, vi è quella della ceramica. Questa mostra, ove si presentano tantissime opere della giovane generazione, venne organizzata molto più tardi rispetto alle altre biennali. Occorre ricordare che si organizza anche la triennale della scultura, nata dopo la biennale della ceramica. Una delle manifestazioni artistiche della Repubblica Islamica dell’Iran, è l’esposizione annuale dell’artigianato organizzata dall’Ente delle Industrie Manifatturiere dipendente dal Ministero delle Industrie. Le prime tre esposizioni si organizzano rispettivamente nelle città di Isfahan, di Shiraz e di Tabriz, così ogni anno tocca ad uno dei capoluoghi delle regioni.
L’esposizione annuale del tappeto persiano, iniziativa dell’Organizzazione delle Industrie, dipendente dall’omonimo Ministero, si organizza ogni anno, prima in uno dei capoluoghi delle regioni e subito dopo si trasferisce a Tehran. Gli obiettivi nell’ organizzare l’esposizione annuale dell’artigianato, sono attrarre ed incoraggiare gli attivisti e gli artigiani delle arti locali e nazionali a tener viva la propria arte e a continuare a svilupparla. In realtà si può sostenere che è cominciata una sorta di rinascita delle arti locali o meglio dell’artigianato nella Repubblica Islamica dell’Iran e ci si auspica di assistere ai suoi proficui risultati. Tra queste arti, l’arte del tappeto e del tessuto, l’arte del legno comprese le diverse lavorazioni d’intarsio, l’arte della lavorazione in metallo come i lavori d’argento, con i fili d’argento, le incisioni sui metalli, l’arte della lavorazione con le piastrelle di maiolica intarsiate e non, risultano più attive. Ma purtroppo i costi della creazione di queste opere d’arte sono molto alti e per questo motivo non hanno un degno riscontro sul mercato.
Cercheremo di fornire maggiori spiegazioni su queste arti nella parte de “Le Arti Tradizionali” .
Il teatro e il cinema
Il teatro
Dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, si fecero degli sforzi molto seri nel campo dello spettacolo per trasformare quest’arte occidentale ed occidentalizzata dagli intellettuali indifferenti del periodo pre-Rivoluzione in un’arte iraniana ispirata dalla cultura della Rivoluzione. È del tutto certo che ogni svolta sociale, in particolare le rivoluzioni culturali e politiche, sono dotate di cultura, letteratura ed arte specifiche proprie o almeno se ne dovrebbero dotare, in quanto è nella natura di ogni rivoluzione la negazione dei valori del sistema precedente e la fondazione e la stabilizzazione di nuovi.
La Rivoluzione Islamica creò una svolta innegabile ed importante nell’arte dello spettacolo che si potrebbe descrivere brevemente come di seguito: vennero escluse le sceneggiature negative come esito della vita industriale e delle apparenti comodità occidentali, che presentavano spesso la delusione e la miseria dell’essere umano nell’era dell’industria, e soltanto nelle facoltà d’arte si svolgevano degli spettacoli per lo studio e per la ricerca degli studenti di questa disciplina. Nelle sale pubbliche di teatro si portarono sulla scena delle sceneggiature che in generale criticavano il precedente sistema monarchico e le comodità importate dall’Europa e presentavano la vita del popolo rivoluzionario per dimostrare il suo diritto naturale alla rivoluzione. In esse si sottolineavano gli aspetti positivi e dinamici della vita, mettendo in maggiore risalto, in tutte le sceneggiature post-rivoluzione, la lotta contro l’oppressione che era stata uno slogan della Rivoluzione. Passi importanti si fecero anche nell’autocoscienza e nella rinascita dello spettacolo e dell’arte iraniana, locale e popolare e questo dimostra chiaramente lo sforzo per trovare una via d’uscita dai vicoli ciechi dello spettacolo occidentale.
L’organizzazione di festival dello spettacolo sin dai primi anni dopo la rivoluzione, l’importanza data agli spettacoli ed alle sceneggiature scritte dagli Iraniani, in particolare dai giovani, la presenza e la partecipazione attiva degli artisti iraniani ai festival dello spettacolo, alle iniziative ed alle manifestazioni artistiche europee con le bellissime esecuzioni dello spettacolo di lutto per i santi imam e con lo spettacolo dei burattini, tutto ciò contribuì a spianare la strada per la creazione di un’arte dello spettacolo interamente iraniana; il rapporto degli artisti iraniani con le importanti correnti teatrali del mondo unitamente alla celebrazione della giornata mondiale dello spettacolo celebrata ogni anno in Iran, sono altri passi positivi compiuti nel breve periodo dopo la vittoria della rivoluzione. Una delle iniziative compiute degne di nota è la formazione de “il Centro delle Arti dello Spettacolo” presso il ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico che è dotato di mezzi e disponibilità abbastanza buoni, e la formazione delle associazioni dello spettacolo nei capoluoghi delle regioni che favorirono la partecipazione e la presenza attiva della gente e degli artisti nel campo dello spettacolo del paese. Ciò nonostante vi sono tante mancanze e ancora oggi si osserva che gli stili e le tecnologie occidentali e le sceneggiature teatrali prendono spunto dallo quello europeo. La causa di ciò potrebbe essere cercata nelle traduzioni delle opere occidentali in questi anni seguiti alla Rivoluzione Islamica. I docenti che insegnano l’arte dello spettacolo nelle facoltà d’arte, il cui numero aumenta continuamente, hanno in genere compiuto i propri studi all’estero e di conseguenza cercano nella cultura occidentale i principi che ritengono necessari per lo spettacolo. Questo problema si risolverà solo quando l’insegnamento verrà affidato a docenti e maestri educati ed istruiti dalla Rivoluzione.
Il cinema
Il cinema, la cui natura principale consiste nell’introdurre gli spettatori all’interno degli episodi e degli eventi attraverso le immagini mobili, nel dicianovesimo secolo in tutto il mondo si sostituì al teatro. In Iran dopo la Rivoluzione, per vari motivi quest’arte ebbe maggiore successo e accolse spettatori più numerosi e più entusiasti, in particolare tra la giovane generazione che è sempre in cerca d’avventura e novità. Il cinema del post-Rivoluzione si classifica in cinque gruppi importanti :
a) il cinema per i bambini e gli adolescenti: questo tipo di cinema, che prima della Rivoluzione Islamica era privo di senso e di contenuto, nella Repubblica Islamica ha invece intrapreso un veloce progresso, sia nel contenuto che nella tecnologia. Alcuni giovani registi, uomini e donne, hanno prodotto dei film per i bambini, la cui varietà di temi e contenuti, li ha resi importanti anche a livello mondiale.Tra questi possiamo citare il film “Il piccolo uccello della felicità” diretto da Puran Derakhshandeh ed il film “Dov’è la casa dell’amico”, opera del famoso regista iraniano Abbas Kiarostami. Il cinema per i bambini e gli adolescenti si suddivide in diversi gruppi come: il cinema psicologico ed educativo; il cinema comico e del divertimento; il cinema fiabesco e del racconto; il cinema degli adolescenti della rivoluzione. I primi tre dei gruppi sopra elencati hanno riscosso più successo, specialmente tra i bambini. Anche i cortometraggi sui temi ed i problemi del mondo dei bambini hanno ottenuto un discreto successo, però sfortunatamente il cinema degli adolescenti e la rivoluzione ha assunto un aspetto propagandistico ed di slogan che ne minano la qualità e l’aspetto realistico
b) il cinema romanzesco: questo tipo di cinema si suddivide in diversi sotto gruppi:il cinema come continuazione di quello pre-rivoluzione, i cui film vengono prodotti con pochi cambiamenti per non essere contrari ai valori ed ai principi della Rivoluzione e della Repubblica Islamica. Questi film promuovono la cultura e la civiltà occidentali presentate con vesti iraniane. In essi abbondano le scene ripetute ed imitate dai film occidentali. Questi film sono generalmente prodotti dai registi che hanno compiuto i loro studi in Occidente e dimostrano molta dipendenza dal cinema europeo ed americano. Anche se il loro numero non è alto, però la loro produzione non è neppure poca! Il secondo genere di cinema romanzesco è il cinema che con una nuova visione, studia ed esamina la vita della gente. Questi film pur presentando una discreta varietà, sono molto simili tra loro nella trama. Le sceneggiature di questi film sono generalmente redatte su temi già conosciuti come il contrabbando, l’amore deluso e frustrato, la famiglia e la separazione tra marito e moglie e la sofferenza dei figli ed episodi che accadono nelle piccole città e nei villaggi. È da notare che alcuni film di questo genere sono prodotti grazie a studi etici e scientifici
c) il cinema rivoluzionario e di guerra: eccetto qualche film prodotto ad imitazione dei film da guerra americani, che in realtà sono del genere dei film romanzeschi del periodo pre-Rivoluzione, questo tipo di cinema include i più ricchi, i più educativi e persino i più artistici film iraniani del periodo post-Rivoluzione. Infatti da un lato la grandiosa rivoluzione dell’Iran contro il sistema monarchico e dall’altro otto anni di difesa contro una guerra senza precedenti ed imposta, nonchè le leggende che ricordano le battaglie di Arteserse e di Shapur contro gli imperatori romani, hanno talmente arricchito e rafforzato l’immaginazione che il ricordo di un piccolo episodio si trasforma in un racconto epico entusiasmante, in particolare quando si basano su una verità tangibile e vera. Il nome e la fama del cinema iraniano ha superato i confini del paese grazie a questo genere di cinema e la concorrenza tra questo genere ed i film romanzeschi, ha indotto i secondi a riqualificarsi ed a promuovere ed elevare la propria qualità
d) il cinema storico: questo tipo di cinema comprende i film sui vari temi tratti dalla storia. Di queste genere, i film prodotti sono pochi ed i migliori sono opere del compianto regista Ali Hatami che ottenne un successo notevole con il film Kamal ol-Molk (sulla vita del noto pittore iraniano Mohammad Ghaffari soprannominato Kamal ol-Molk). Gli scenografi iraniani non sono abituati a rispettare e a preservare l’autenticità degli eventi storici e interferiscono a proprio compiacimento nelle vicende storiche. Questo fatto ha minato, nonostante la buona recitazione e l’ottima regia, il valore dei film storici iraniani, declassificandoli a livello di normale romanzo
e) i serial televisivi: i telefilm o meglio i serial televisivi sono un altro genere di opere cinematografiche che si sono molto diffuse negli ultimi anni. Il progresso tecnologico dell’immagine televisiva e la possibilità di spostare la proiezione dei film dai grandi schermi delle sale dei cinema al piccolo schermo dei televisori nelle case della gente in tutto il paese, ha reso possibile, oltre alla trasmissione dei film in televisione, la preparazione e la produzione di telefilm o serial televisivi che ogni settimana mettono davanti ai televisori numerosi spettatori. Questo sistema che è stato introdotto dalla cultura occidentale, è riuscito molto facilmente ad occupare un posto importante nella vita della gente. Purtroppo però questo genere di film a catena e prodotti in serie, trattano spesso temi in cui il regista può, in qualche modo, aggiungere altri episodi ed aumentare il numero delle parti da trasmettere. Un esempio notevole è il serial Hezar Dastan, prodotto da Ali Hatami, in cui le scene ripetitive sono molto meno rispetto agli altri. L’imitazione e la clonazione, ossia la produzione di serial molto simili, che esiste tra i registi e gli scenografi e ne facilita la produzione, non favorisce la produzione di telefilm di qualità
Le Arti Tradizionali
Con questo termine si intendono le opere artistiche che hanno radici nelle tradizioni artistiche del passato e in un certo senso rappresentano la loro continuazione logica. Alcuni scrittori ed esperti presentano anche queste arti con il nome di artigianato.
La gamma delle arti tradizionali è molto vasta ed in ogni zona e regione, in relazione alla posizione geografica ed economica del posto, si sono conservate alcune di queste arti. Il maggior numero di esse sono le arti da consumo vale a dire quelle in cui le opere prodotte vengono usate nella vita quotidiana. Le arti radicate nella ricca cultura artistica del passato, sono maggiormente diffuse nelle città diventate famose come centro culturale ed artistico del paese che un tempo sono state la capitale politica ed economica dell’Iran. Le più attive tra esse sono le città di Isfahan, Shiraz e Tabriz.
L’arte del legno
Si tratta di arti basate su diversi metodi di lavoro sul legno come l’intarsio, l’incastro, l’incisione ecc …, ciascuno con un proprio metodo di lavoro. Il fattore comune tra l’intarsio e l’incastro è il disegno, imitato dalle opere dell’epoca safavide e se vi sono stati dei cambiamenti, le lavorazioni vengono sempre eseguite secondo i principi dello stile safavide. Per quanto riguarda l’arte del moarraqkari ossia dell’incastro del legno, la lavorazione procede come quella con le piastrelle di maiolica. Prima si fa il disegno sul foglio di carta, poi le diverse parti del disegno si tagliano su un legno sottile o su un tipo di tavola di legno detto tre strati, quindi i pezzi tagliati vengono attaccati secondo il disegno su una piastrella di legno, e dopo aver lucidato la superficie coperta dai diversi pezzi di legno, vi si passa sopra con lo smalto trasparente incolore o colorato. Per avere un disegno multicolore in genere si usano diversi tipi di legno di vari colori, ad esempio per il colore giallo si usa il legno d’arancio, per il marrone il legno di noce, per il colore bianco il legno del pioppo o il platano, per il rosso il legno della noce di betel e per il colore nero si usa il legno d’ebano. Attualmente, oltre al legno, si usano altri materiali come i metalli colorati. Nell’arte del monabbatkari ovvero l’incisione, prima si traccia il disegno su un pezzo di legno pieno e massiccio, ricavato in genere dall’ebano o dalla noce di betel, poi si incide, scavando le parti negative e al termine dei lavori il disegno si manifesta in rilievo. Il monabbat ha una lunga storia nell’arte iraniana che risale addirittura all’epoca pre-islamica. Però riguardo al moarraq, ovvero l’incastro del legno, non si conosce l’origine e la storia esatta. Un’altra arte del legno, che ha riscosso importanza e si è diffusa notevolmente, consiste nel gereh chini ossia nell’annodatura. In questo tipo di lavoro prima si prepara il disegno, che è generalmente geometrico, sul foglio di carta e quindi le parti positive del disegno, dopo essere tagliate dal legno, vengono attaccate tra di loro e poi gli spazi negativi si lasciano vuoti o vengono riempiti con pezzi di vetro colorato. Gli oggetti preparati con questo tipo di lavorazione, che sono a forma reticolata geometrica, in genere si installano nelle finestrelle, con doppia funzione: per far penetrare l’aria e la luce e per prevenire la vista dall’esterno. Questi lavori si eseguono ancora nelle piccole città, dove si costruiscono dei palazzi secondo gli stili architettonici ed ornamentali iraniani. L’arte del khatamkari ovvero l’intarsio è per lo più diffusa nelle città di Isfahan e di Shiraz, ma le migliori opere di quest’arte si producono a Shiraz. Il procedimento del lavoro, lo si può descrivere cosi: prima vengono tagliate le stecche aventi una sezione triangolare, quadrata o poligonale, poi le si mettono una accanto all’altra nel senso della lunghezza e si attaccano tra di loro per creare una sezione di forma geometrica più grande e completa come le stelle o una forma multilaterale. Dopo di che si tagliano in pezzi di poco spessore (quasi un/millesimo di metro) e si attaccano su una piastra di legno per creare un disegno geometrico. Infine si lucida con l’olio. Anche in questo lavoro, oltre ai legni colorati si usano anche altri materiali come l’avorio, l’osso di cammello o di mucca e i metalli come il rame e l’ottone. Le migliori opere di questa arte sono create da Sanie Khatam e sono custodite nel museo di Saadabad a Tehran.
Il nazokari ossia il lavoro in legno sottile è un’arte in cui si lavora con i fogli molto sottili di legno, in cui prima i fogli vengono tagliati secondo il disegno preparato precedentemente, poi i pezzi tagliati vengono attaccati tra di loro in modo simile alla lavorazione con le piastrelle di maiolica intarsiate. Le migliori opere di quest’arte si producono nell’Iran occidentale, in particolare a Sanandaj.
La lavorazione del metallo
Queste arti comprendono l’incisione, il malilehkari ossia il ricamo con la filigrana d’oro o d’argento, la decorazione con gemme di metallo che potrebbe anche essere definito l’intarsio del metallo.
L’incisione sui metalli si effettua con metodi e tecniche differenti, di cui attualmente le più diffuse sono: l’incisione o la battitura tradizionale sul metallo che si fa per rendere sporgente il disegno desiderato o scelto da incidere sull’oggetto. In questo metodo, prima viene rivestito l’interno dell’oggetto metallico su cui si vuole incidere il disegno con uno strato spesso di catrame o di cera, poi si traccia il disegno con la matita sul lato esterno dell’oggetto, quindi con uno scalpello ed il martello si battono le parti negative del disegno che penetrano, al lato opposto, nel catrame o nella cera, lasciando in sporgenza il disegno desiderato sull’oggetto. Quindi si separano, attraverso il riscaldamento dell’oggetto, il catrame o la cera che li fa sciogliere ed infine si pulisce ciò che rimane con l’uso di un soluzione chimica. Questo metodo si effettua ad Isfahan sul rame e a Shiraz sull’argento.
La scavatura o la limatura del metallo: in questo metodo, che in genere si effettua sui metalli come il rame, l’argento, l’ottone o l’acciaio, dopo aver lucidato la superficie dell’oggetto, ci si traccia il disegno e poi si scavano le parti positive del disegno lasciando in rilievo le parti negative dello stesso. Questo metodo è maggiormente diffuso ad Isfahan, dove è presente una tradizione secolare e ci sono tanti abili artisti.
La limatura del metallo: questo metodo in genere si effettua sugli oggetti prodotti dai metalli spessi, di solito l’argento. Il processo di lavorazione è il seguente: dopo aver tracciato il disegno sull’oggetto vengono scavate e rimosse le parti negative del disegno. Lo spessore delle parti da scavare varia a seconda della misura della sporgenza che si vuole dare alle parti positive del disegno. Come si nota, la differenza tra questo metodo e quello precedente cioè la limatura, consiste nel fatto che nel metodo dello spostamento, si scavano le parti negative del disegno e in misure diverse (secondo la misura della sporgenza voluta che addirittura potrebbe cambiare in diverse parti dello stesso disegno) mentre nel metodo della limatura, le parti positive del disegno si limano in eguale misura. Questo metodo d’incisione è molto simile all’incisione sul legno, ma in questo la finezza e la precisione sono notevolmente superiori in quanto il tessuto del legno non consente all’artista di incidere i dettagli del disegno con precisione e spesso è costretto a trascurarli, mentre nel lavoro sul metallo l’artista incide con più libertà i dettagli del disegno e per questo motivo le opere di metallo si producono con molta varietà.
La decorazione con gemme: in questo metodo, che raggiunse il massimo splendore nell’arte degli Achemenidi e dei Sasanidi e ancora più tardi all’epoca dei Safavidi ed attualmente è in fase di ripresa, prima si traccia il disegno sulla superficie dell’oggetto metallico, poi si scavano le parti positive del disegno, quindi si intromette nelle strisce e nei solchi scavati un altro metallo che viene battuto per riempire tutto lo spazio dei solchi e al termine lo si riscalda nel forno al fine di far attaccare completamente tra loro il metallo madre ed il metallo decorato. In epoca safavide il metallo madre era costituito dal ferro o dal rame e gli scavi si riempivano d’oro e d’argento, e all’epoca achemenide il metallo madre e quello decorato erano rispettivamente l’oro e il rame o viceversa. Attualmente si usano il rame e l’ottone, altrimenti un’ opera artistica si produce, per ordine dell’acquirente, con altri metalli preziosi. A volte l’oggetto metallico viene decorato con pietre preziose o i solchi scavati si riempiono con i vetri colorati. Il culmine dell’arte della decorazione con pietre preziose si raggiunse durante l’epoca sasanide. Oggi giorno, dato il prezzo troppo alto delle pietre preziose, questo genere di opere si fabbricano solo su ordine dell’acquirente.
Lo spostamento del metallo: vi è un altro metodo dello spostamento quasi simile all’incisione sul metallo, ma senza l’uso del catrame o della cera. In questo metodo l’oggetto si produce dal metallo con spessore relativamente alto, quindi si batte con lo scalpello sulle parti negative del disegno precedentemente tracciato sul metallo spostandone la massa verso le parti positive dello stesso per renderle sporgenti. In questo metodo quindi non si leva niente dal metallo, e al contrario del metodo d’incisione, ove il disegno su una superficie dell’oggetto è positivo e sul lato opposto è negativo, qui una superficie è positiva e sporgente ed il lato opposto è liscio e privo di ogni sporgenza e/o profondità. In questo metodo si usano generalmente i metalli morbidi come il rame ma data le difficoltà e l’alta precisione neccessaria per l’esecuzione del lavoro, pochi artisti si occupano di quest’arte.
La saldatura: è un altro metodo di lavorazione con il metallo, in cui prima dal metallo si preparano separatamente le diverse parti del disegno scelto, poi si saldano tra di loro. Questo metodo è diffuso da più di tremila anni in Iran ed era utilizzato nell’arte iranica mannaica.
La tessitura
Quest’arte ha una storia antichissima nella civiltà iraniana. Anche se non è dato sapere la data ed il luogo d’invenzione di quest’arte, è del tutto certo che da oltre seimila anni fa, nelle zone della catena montuosa dello Zagros, ad ovest dell’Iran, era diffusa una specie di tessitura delle stuoie e circa tremila anni fa, gli Iraniani ricoprivano il suolo delle proprie case con varti tipi di tappeto. I diversi tipi di quest’arte, generalmente con lo scopo di provvedere ai bisogni della gente, venivano praticate nel corso di epoche e periodi diversi e in certi casi avevano anche delle evoluzioni. Tra di esse si possono citare le arti della tessitura del tappeto, il Kilim, il Jajim, il Palas, il Zilu, il Namad ecc..
Altri tipi di tessitura come il zariduzi (il ricamo in fili d’oro e altri materiali brillanti), il termeh (il tessuto a disegni kashmir), il sormeh duzi (il ricamo con il filo d’oro o d’argento), il tekkeh duzi (la cucitura di diversi pezzi di tessuto tra di loro o l’aggiunta di pezzi di tessuto al vestito), il suzan duzi (il lavoro di cucitura) ecc …, che si praticavano per produrre dei vestiti, erano diffuse sino al secolo scorso. Per vari motivi come la mancanza di rendimento della loro produzione da un lato e l’invenzione e la produzione dei tessuti industriali nelle fabbriche dall’altro, queste arti sono state praticamente abbandonate oppure si praticano nei laboratori e nelle officine di alcuni maestri ormai anziani. È tutt’ora diffuso lavorare il tappeto e gli altri tipi già citati che servono per coprire il suolo delle case, i quali, ad eccezione del tappeto, hanno preservato il proprio valori artistico. Il tappeto invece ha perso il suo splendore a causa della produzione dei tappeti fatti a macchina. Tuttavia, pur rimanendo invariato il valore e lo splendore dei tappeti fatti a mano in alcune città come Tabriz, Mashad, Isfahan, Nain, Shiraz e Kerman, ad eccezione dei tappeti prodotti dalle tribù nomade, il resto, sia nel metodo di lavoro che nel disegno, sono un’ imitazione dalle opere del passato.
Nel secondo decennio dell’instaurazione della Repubblica Islamica dell’Iran, vennero prodotti alcuni tappeti fatti a mano di grandi dimensioni da usare negli spazi larghi e molto ampi. Alcuni artisti hanno prodotto tappeti con l’annodatura molto fine, usando il materiale misto di lana kork e di seta, che riportano disegni realistici, panorami, ritratti di personaggi, immagini di santuari e di mausolei di santi e recentemente le immagini delle opere dei grandi maestri come il maestro Farshchian.
Queste opere hanno per lo più aspetto ornamentale e possono essere soltanto appese alla parete per abbellire l’ambiente. Per la rinascita dell’arte del tappeto ed altri tessuti simili, vi è una forte neccessità del sostegno del governo e degli istituti finanziari e d’investimento per poter, in qualche modo, competere con i tappeti meno caro fatti a macchina. Nonostante ciò, eccetto il gholi (tappeto fino a due metri di lunghezza), altri tipi come il Kilim, il Gabbeh, il Jajim, il Palas, ecc … che si producono tutt’ora a mano, hanno una discreta diffusione e l’Organizzazione per la Ricostruzione ha contributo notevolmente alla rinascita di queste arti, nelle cui opere, il disegno è generalmente copiato ed imitato da quelli antichi, mentre i colori sono spesso prodotti da materiali chimici e si usano molto raramente i colori naturali prodotti dalle piante.
Per quanto concerne il Namad, va detto che non vi è nessun cambiamento nello stile, nel disegno e nei materiali e gli artisti ancora oggi creano le proprie opere con gli stessi metodi antichi.
Altri tipi di tessuto (e di lavorazione a maglia) come il sormeh duzi, il tekkeh duzi ,il suzan duzi, ecc … sono ancora praticati in alcune città come Shiraz, Kerman ed Isfahan, però come si è detto prima, non hanno un’importanza considerevole.
Tra le altre arti, di cui si parla ogni tanto per il fatto di avere radici nell’antica cultura iranica, possiamo citare la decorazione con filigrana di metalli preziosi) o la smaltatura. Attualmente si produce qualcosa solo ad Isfahan, in quanto i maestri di queste arti o sono pensionati o sono già deceduti.
Il malilehkari, ereditato dal periodo degli Achemenidi, consiste nel decorare ed ornare le opere artistiche di metallo con la filigrana molto sottile d’argento e d’oro, e il minakari consiste nell’ornare i piatti e gli oggetti meallici con la pietra di mina e renderla solidamente attaccata agli oggetti attraverso la cottura degli stessi nel forno. Questa arte è relativamente diffusa nelle città di Shiraz e di Isfahan, mentre la prima si effettua solo su ordine dell’acquirente.