La Storia dell’arte dell’Iran

PRIMA PARTE

L’ARTE DELL’IRAN PREISLAMICO

I CASSITI E IL LORO DOMINIO SULLA MESOPOTAMIA

Come è già stato detto, i Cassiti erano una popolazione asiatica che popolavano il centro e l’occidente dell’Iran e la vallate dei monti Zagros. Ancora non è stato chiarito se i Lullubi del Luristan, i Guti del Kurdistan e i Mannei delle coste del lago di Orumiyeh, che istituirono degli stati in diverse epoche, fossero originariamente Cassiti, ovvero fossero gruppi di Asiani con cultura e lingua differenti.

Quello che è certo è invece che ciascuno di questi popoli nel tempo optò per forme di vita urbana e formò uno stato. È possibile che questi popoli a causa della loro attività principale – che consisteva nell’agricoltura e nell’allevamento – tenessero in considerazione soprattutto i loro bisogni materiali e per questo motivo non ebbero molto interesse nell’inventare una scrittura o nell’importarla dagli Elamiti vicini o dai Sumeri, dall’altra parte degli Zagros, e mostrarono scarsa o nulla considerazione per la registrazione degli eventi.

I Cassiti, che all’inizio vissero nelle valli e nelle pianure tra gli Zagros e le aree montuose dell’Iran centrale, penetrarono gradualmente nel centro dell’altopiano, raggiungendo la zona dell’odierna Tehran e la regione centrale chiamata Boghestan (Bujistan, in arabo). Nei recenti scavi effettuati a cura dell’Organizzazione Iraniana per i Beni Culturali, sono state rinvenute tracce di una civilizzazione molto evoluta risalente al terzo millennio (forse anche alla seconda metà del quarto), a metà strada tra le città di Tehran, Saveh e Qom, in una località chiamata Robat-e Karim e nella zona del nuovo aeroporto internazionale. I siti devono essere state città dei Cassiti, poiché gli indizi suggeriscono che le principali attività ivi svolte fossero l’arte ceramica, l’agricoltura e la frutticoltura.

I Cassiti erano confinanti con altre due o tre popolazioni iraniche che convivevano in prossimità degli Elamiti a sud e dei Lullubi, Guti e Mannei a nord. Essendo più forti, i Guti assimilarono di fatto i Lullubi che si unirono a loro nei frequenti attacchi alle terre mesopotamiche. Queste continue aggressioni causarono molti disagi agli abitanti della Mesopotamia, e nonostante la strenua resistenza opposta dal sovrano accadico Shar-Kali-Sharri, Guti e Lullubi riuscirono alla fine ad avanzare e a rovesciare il dominio accadico, governando sulla Mesopotamia centrale per un periodo di circa 125 anni.

Il centro del loro potere era la città di Arrapkha, la quale, sebbene non ne siano ancora state trovate tracce, doveva essere situata nella zona dell’attuale Kirkuk. I Guti furono molto duri con le popolazioni mesopotamiche, riscuotendo salatissimi tributi e depredando le statue delle loro divinità. Non sono rimaste molte testimonianze artistiche del periodo dei Guti; abbiamo qualche iscrizione incisa su pietra che riporta i nomi dei loro sovrani, nomi che però non compaiono negli elenchi dei re mesopotamici.

Il Governo dei Guti venne interrotto dalla quinta dinastia di Uruk, cioè dai Sumeri, e da Atu-Hagal, il principe e iniziatore della dinastia reale di Uruk. Gli abitanti degli Zagros, tuttavia, non rimasero con le mani in mano, soprattutto i Cassiti, che avevano costituito degli stati nell’Iran Centrale e occidentale e che erano assai più pacifici e moderati dei Guti. Essi, per ragioni non chiare – una delle quali fu forse l’inaridimento di grandi aree dell’Iran centrale  scesero gradualmente dagli Zagros verso la Mesopotamia e si stabilirono nelle sue città, soprattutto a Babilonia, adottandone usi e costumi.

Durante il regno di Hammurabi, i Cassiti avevano attaccato varie volte Babilonia nel tentativo di impossessarsene, senza mai riuscirvi. Al termine del periodo di splendore goduto sotto Hammurabi, però, durante il governo dei suoi deboli successori, i Cassiti si spostarono in Mesopotamia in piccoli gruppi e misero in atto un assalto improvviso e definitivo. Secondo Pier Amiet, riuscirono a prendere la città nel 1.471 a. C., e instituirono un regno cassitico che governò Babilonia, per più di tre secoli (due, secondo Hrozny).

I Cassiti ricostruirono gli antichi templi, erigendone anche di nuovi sia per le divinità babilonesi che per quelle cassitiche. Inoltre conquistarono anche l’Elam, risparmiandolo però dalle devastazioni. Dei Cassiti ci rimangono delle iscrizioni e dei bassorilievi, ma dal loro oscuro periodo di dominio non emergono nuove produzioni artistiche; tutto la loro arte e architettura non fu che una continuazione di quella della prima dinastia babilonese.

I Cassiti, come abbiamo detto, erano allevatori di cavalli; furono loro a introdurre a Babilonia e in Mesopotamia il cavallo e il carro da guerra. Essi introdussero anche alcuni cambiamenti nel vestiario mesopotamico; fino all’epoca di Gud-Anghesh l’abbigliamento era costituito da una semplice veste legata con nastri cuciti intorno. Nell’epoca della prima dinastia babilonese, durante il regno di Hammurabi, a questa veste venero aggiunti monili e pietre preziose, ma furono i Cassiti a ricoprirla di ricami e motivi floreali,  uso che poi venne ripreso anche dagli Assiri. I loro re indossavano un copricapo cilindrico intessuto d’oro, al quale vennero aggiunte delle ali.

I Cassiti, in Mesopotamia, più che occuparsi d’arti plastiche si dedicarono all’architettura, un’architettura degna di menzione. L’esempio meglio riuscito si trova nel piccolo tempio di Karandash, eretto in onore della dea Inanna di Uruk verso la fine del quindicesimo secolo.

L’edificio è molto interessante e ha dei rari legami con la tradizione architettonica del quattordicesimo secolo di Tepe Gura. La filosofia costruttiva di questa tradizione prevedeva che per la decorazione esterna si utilizzassero dei mattoni stampati con disegni a rilievo, una tecnica del sedicesimo secolo. Le nicchie e le rientranze che tradizionalmente separavano i pilastri l’uno dall’altro erano ricoperte da disegni a rilievo; le immagini delle divinità della montagna e dell’acqua erano rappresentate alternativamente.

Queste entità mitologiche erano la rappresentazione delle forze originarie e primarie della terra, che era una dea anch’essa, il cui tempio era una immagine della sua dimora nell’universo. Poco tempo dopo, Karigalzu I (1.390-1.379 a. C.), probabilmente il rappresentante della divinità, fondò una nuova città denominata Dur-Karigalzu e dotata di un palazzo e di un tempio.

Il palazzo, riccamente decorato, era arricchito da giardini che si snodavano lungo il perimetro dell’area contenente i padiglioni e le sale. Tuttavia egli aveva progettato il palazzo in modo tale che non era semplice entrarvi e uscirvi. Il tempio presentava un’alta torre a più piani il cui nucleo centrale era alto ottantasette metri, tanto che i viaggiatori, nel vederla, pensavano che si trattasse dei resti della Torre di Babele. I sovrani Cassiti usavano offrire molti doni ai templi, doni il cui significato è spiegato nelle iscrizioni in lingua accadica scolpite sulle pietre accanto al tempio, sotto la protezione della divinità.

Poiché si supponeva che la popolazione non sarebbe stata in grado di interpretare correttamente le immagini, accanto a esse fu scolpito il nome degli dei; oppure la divinità era identificata dall’animale che portava, come Marduk, potente e maestoso dio di Babilonia, identificato da un serpente con le corna. Anche i sigilli erano istoriati in questo modo, ma con una sorta di ritorno alla natura e di astrazione nelle forme intelligenti, che erano composte e giustapposte insieme.

 



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