La Storia dell’arte dell’Iran

PRIMA PARTE

L’ARTE DELL’IRAN PREISLAMICO

Il periodo dei “Ministeri Plenipotenziari

Negli ultimi anni del terzo millennio avvennero dei cambiamenti fondamentali nell’assetto politico mesopotamico. L’impero sumerico era scomparso e con lui l’antico ordine che rappresentava: un nuovo assetto era all’orizzonte. Tuttavia, il cambiamento fu accompagnato da turbolenze politiche e istituzionali. La cultura sumerica scomparve con i sumeri, e fu rimpiazzata dalla cultura e dalla lingua accadica, una lingua semitica. Mentre Accadi ed Elamiti, che per un lungo periodo vissero accanto ai Sumeri, avevano pretese di governo, i nomadi del deserto dell’Amuri erano scesi dalla Siria e dalle coste del Mediterraneo fino alla Mesopotamia, dopo aver costituito dei piccoli stati in Siria. Nella Mesopotamia meridionale, città come Isin, Larsa, Eshnunna o Babilonia erano ansiose di resuscitare il defunto impero. A riuscirvi invece furono i Simash dell’Elam, i quali rinnovarono il potere e l’unità elamitica e – vuoi con le armi, vuoi pacificamente o per mezzo di accordi – ristabilirono pace e tranquillità, intervenendo in modo molto attivo negli affari mesopotamici.

Quando la lingua accadica venne adottata in tutta la Mesopotamia, a Susa non si poté che accettare elementi semitici. Per questo vennero accolti a Susa e nell’Elam molti immigrati di origine semitica, il cui genio permise di semplificare e perfezionare la scrittura sumerica, utilizzata per i documenti in accadico ed elamitico usati negli scambi commerciali e internazionali. Con l’eccezione di Anshan (o, più correttamente, in elamitico Anzan), nell’attuale regione del Fars, che mantenne la propria originalità iranico-elamitica, il resto dell’Elam era legato alla Mesopotamia, un legame che è del tutto evidente nella produzione artistica.

Gli Elamiti, dopo la sconfitta subita da parte di Larsa nel XIX secolo a. C. e la fine della dinastia Simash, istituirono una nuova dinastia dotata di una diversa forma di governo. D’allora in avanti il titolo di regno fu sostituito da quello di Grande Ministero (o Ministero Plenipotenziario), che in accadico suonava “Sukkal-mah”. Ciascun Sukkal-mah nominava come successore il proprio fratello minore, e riservava il titolo di principe di Susa a suo figlio, che generava con la sorella. Queste informazioni sono fondate su documenti storici consistenti e si deducono anche tra le righe di altri testi dello stesso periodo.

Di questo lungo periodo, che durò sei secoli, non sono rimasti resti architettonici, se non un grande edificio scoperto da Roman Ghirshman; la maggior parte degli oggetti ritrovati provengono, come nel passato, da tombe. In questo periodo i cadaveri venivano avvolti in sudari, sui quali venivano cucite delle strisce dorate, al modo mesopotamico. Il cadavere aveva un copricapo d’argento, un reggipetto anch’esso d’argento, degli orecchini con motivi a rilievo, bracciali d’oro e argento per le donne, uno specchio di bronzo polito e una coppa di bronzo in una mano. Nelle tombe dei bambini venivano inoltre messi dei giocattoli. Nel periodo del grande ministro Adapakshu, nelle tombe dei notabili veniva posto anche un carro con il cavallo e tutti i suoi paramenti.

Molti dei contenitori che sono stati scoperti in queste tombe sono in terracotta; i più belli sono dei vasi conici o cilindrici con dei piccoli manici. Alcuni di questi vasi sono decorati con colori brillanti e vividi, ma la maggior parte sono colorati di grigio, con i disegni incisi sulla superficie, mentre l’interno appare decorato con una pasta di colore bianco, a volte decorata con selle righe rosse. Le similitudini tra questi vasi e quelli ritrovati a Larsa e risalenti allo stesso periodo dimostrano il collegamento tra le due civiltà.

Sono stati ritrovati altri tipi di contenitori nei quali l’originalità elamitica è più evidente; si può anzi dire che sono completamente elamitici. Essi sono ispirati a forme animali, ma a differenza che nei secoli passati, in cui il contenitore aveva forma animale, adesso l’animale si metamorfizza in contenitore. In questo stile, la parte anteriore del contenitore, che serve come manico, è modellato in forma di testa animale, mentre il suo corpo diventa il contenitore vero e proprio. Nelle belle coppe a tre piedi, i piedi sono formati dalla testa di tre camosci inginocchiati, con gli occhi formati da conchiglie, e conchiglie sono fissate all’esterno della coppa con rivetti d’oro. Oppure, in altri contenitori, due piccole dee sono l’una fianco all’altra a formare il manico, mentre la coppa vera e propria è decorata con conchiglie. La perizia nel modellare forme animali o umane svela che a fabbricare questi contenitori erano artigiani abili ed esperti, i quali prima modellavano la figura e poi vi giustapponevano il contenitore. Tutti questi contenitori provengono da tombe.

Un’altra statuetta, dell’altezza di circa dieci centimetri, è fatta in avorio e rappresenta una donna in posizione eretta. La testa, che era fissata al collo con un chiodo di legno, non è stata rinvenuta. È stata trovata invece una testa smaltata, mancante del corpo, dotata di un manico e che forse faceva parte di un gioco, dato che era posta nella tomba di un bambino. E possibile che la testa appartenesse proprio a quel corpo. La testa è ridente e assomiglia ai manufatti neosumerici, ma considerando il fatto che essa appare intarsiata con materiali e colori preziosi, come smeraldo, lapislazzulo e argento, non ci sono dubbi sulla sua provenienza elamitica. Recentemente, sono stati trovati degli altri intarsi simili in parti di statue trovate separatamente a Shiraz, cosa che dimostrerebbe o la profonda influenza dell’arte elamitica in gran parte dell’altopiano oppure il fatto che questo tipo di lavorazione dell’arte iranica fu introdotto in Elam, ove poi venne adottata, da mercanti e commercianti iraniani.

Questo tipo di statue e recipienti e anche decorazioni venivano prodotti per gli elamiti abbienti, mentre per le classi lavoratrici e umili venivano prodotte semplici e disadorne statuette di terracotta. Esse non erano plasmate a mano, ma venivano prodotte per mezzo di stampi in modo da limitare i costi, dato che a partire da ciascuno stampo si potevano produrre numerose copie. Questa pratica è piuttosto antica, probabilmente fu introdotta verso la fine del terzo millennio per durare fino agli inizi del secondo. La maggior parte di esse sono “rappresentazioni sacre”, utilizzate come amuleti di buon auspicio. Le statuette erano prodotte per il popolo e, pur essendo in certo qual modo rozze, presentano un grado di sincerità che mostra il vigore dello spirito elamitico e lo stato di una civiltà ricca e avanzata almeno quanto quella babilonese.

Un frammento ritrovato è costituito da una tavola di pietra che risale alla fine di questo periodo e che probabilmente era una tavoletta commemorativa delle conquiste dei re, poiché presenta l’immagine di corpi giacenti a terra. Le decorazioni non sono molto ricche ed è rilevabile un influenza babilonese, come nell’immagine della dea Ishtar, divinità della guerra, dell’amore, dell’abbondanza e della fortuna, rappresentata in piedi sulla schiena di una leone, immagine che si ritrova simile in numerosi sigilli babilonesi o nei disegni di Kakh Mari. In questa immagine, tuttavia, la dea tiene in mano uno scettro regale con dei fiori e ha sul volto addirittura una barba. L’angelo Ishtar, infatti, in questo periodo è rappresentato sia come maschio sia come femmina. Anche nei testi assiri è presente una Ishtar con la barba e c’è probabilmente qualche relazione tra questa figura e la Venere barbuta di Cipro. Tra i bronzi del Luristan ci sono delle statuette dal genere doppio, maschile e femminile, che – essendo più recenti – sono molto probabilmente influenzate dalla figura babilonese di Ishtar.

Molte statuette di metallo, di pietra o di terracotta rappresentanti divinità tutelari a cavallo di belve quali leoni, o sopra carri, o ancora accompagnati da animali quali serpenti o altre bestie, erano ispirate ad episodi mitologici mesopotamici e babilonesi. Essi tuttavia conservano caratteristiche prettamente elamitiche, come il carro a quattro ruote, originario dell’Iran. Inoltre sono state rinvenute delle statuette di bronzo con placcature d’oro che, a differenza delle rappresentazioni delle divinità su carro, sono fatte con notevole grazia; esse dimostrano che la tecnica della placcatura in oro fu introdotta dagli Elamiti, sebbene non se ne conosca esattamente il procedimento.

Alcune di queste statuette di dee sono state fatte in un modo tale da assumere delle peculiarità decorative proprie. Ad esempio, l’angolo di una sedia è stato lasciato incompleto, oppure si vede metà della statua di un animale, forse un pesce. Si tratta forse di un elemento ispirato a una credenza antica: in Mesopotamia, infatti, le divinità della specie potevano essere uomini-pesce o uomini-onda ed erano divinità dei regni delle onde, dei vortici e degli abissi, ma solo nell’Elam erano rappresentati come donna-pesce.

Su una tavoletta si ritrova la seguente immagine: la divinità è rappresentata a cavallo di una capra o di un drago, circondato da esseri acquatici e sacri. In alcuni disegni del periodo dei Sukkal-mah si vede un dio seduto su un serpente annodato e messo a forma di cerchio; spesso questo animale è rappresentato con testa umana e in questo caso l’uomo-serpente costituisce il trono della divinità. Uno degli esempi più belli di questa rappresentazione si trova sul sigillo di Kuk Nashur, principe di Susa. A volte i sigilli, soprattutto quelli destinati a uso comune, erano fatti in bitume e le loro decorazioni erano molto elementari. Il disegno era spesso un albero semplice e stilizzato, oppure un animale saltellante in un semplice scenario religioso. Il soggetto di queste scene è mutuato da Babilonia ed era pensato per i notabili. In questo periodo sono pochissime le rappresentazioni del tutto elamitiche, il disegno essendo mesopotamico, anche se con caratteristiche elamitiche.

A metà del quarto millennio i Cassiti dell’Iran centrale e degli Zagros attaccarono la Mesopotamia e installarono un loro governo a Babilonia che durò quasi tre secoli, portando la propria influenza fin nel cuore dell’Elam, che venne risparmiato dalle distruzioni portate altrove probabilmente per qualche sorta di sentimento di vicinanza nazionale iranica. Per questo in Elam il sistema dei Sukkal-mah proseguì e gli Elamiti, a causa della debolezza del governo dei Cassiti, restaurarono il loro antico splendore e la loro indipendenza. Così, con il loro genio precipuo, apportarono delle modifiche alla scrittura accadica, semplificandola e aggiungendovi elementi e sillabe, e la trasformarono fino al punto da creare alla fine una nuova scrittura elamitica, in grado di sviluppare adeguatamente la lingua e la cultura dell’Elam.
 

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