La Storia dell’arte dell’Iran

PRIMA PARTE

L’ARTE DELL’IRAN PREISLAMICO

L’ARTE DEL PERIODO MEDO

Il popolo dei Medi era un popolo ariano che nel secondo millennio a. C. migrò dalle zone nordorientali dell’Iran verso il nordovest e il centro del paese, un’area all’epoca molto fiorente. Fu una migrazione lenta e graduale, nel corso della quale i Medi si mescolarono alle popolazioni autoctone, e finirono per stabilirsi nella zona centro-settentrionale dell’altopiano, fino ai margini del grande deserto tra Kashan e Yazd. All’inizio convissero con i Mannei, ai quali trasmisero molte delle loro credenze. Sulle attività dei Medi nel secondo millennio abbiamo scarsissime conoscenze, ma a partire dall’inizio del primo millennio essi fecero ufficialmente il loro ingresso nella storia, tanto che il loro nome è attestato nei documenti assiri.
Pierre Amiet stima che la comparsa dei Medi nell’Iran occidentale e centrale risalga al terzo millennio, insieme all’introduzione di una ceramica grigia e rossa molto raffinata e levigata, priva di immagini. Ma la ceramica lucida di color grigio-verde, gradualmente lascia il posto a quella rossa e a Siyalk, nonostante nel secondo e primo millennio ci vivessero i Medi e altri popoli collegati a loro, rimane la ceramica decorata, forse a causa dell’influenza di popolazioni autoctone non mede. Le immagini su questa ceramica sono del tutto differenti da quelle dei periodi precedenti. In quest’epoca, gli artisti di Siyalk abbandonarono le decorazioni epigrafiche, e cominciarono a decorare le imboccature e le parti tubolari con decorazioni più semplici, con strisce e motivi triangolari; alcune parti inoltre, soprattutto intorno ai manici, erano riempite con forme a “rombo”, che richiamano i quadrati noti come “stanze buie” della regione di Bibi Jan, nel Luristan. Nel resto degli spazi rimasti vuoti, apparivano animali stilizzati come cavalli, buoi, camosci e a volte anche esseri umani.
I Medi, all’inizio del primo millennio, avevano occupato quasi tutto l’Iran centrale e settentrionale, il Tokharistan (a sud del Mar Caspio, fino alle pendici dell’Alborz) e una parte della Battriana. Il lato occidentale del loro territorio era delimitato a nord dal territorio dei Mannei e dei Lullubi e a sud dalla direttrice dalla linea tra le odierne città di Baghdad e Kermanshah, cioè il territorio dei Cassiti e dal nord dell’Elam. Nei documenti assiri il paese dei Medi era indicato con la denominazione di Madhamanna, mentre le terre mede meridionali erano chiamate Namzi.
I Medi, dopo aver istituito un regno indipendente ed aver organizzato il loro stato, portarono la loro capitale a Ecbatana, nelle vicinanze della odierna Hamadan (toponimo che è probabilmente una distorsione di Ecbatana); dopo aver cooptato i Mannei, con l’aiuto degli Sciti attaccarono il regno assiro. In principio furono respinti, tanto che Asarhaddon, re assiro, verso la fine del suo regno invase la regione dell’Iran da cui proveniva l’attacco, in cerca di cavalli e attrezzature militari per difendersi dai Simari, che avevano assalito la Mesopotamia settentrionale e l’Anatolia. Il sovrano assiro guidò il suo esercito fino al Tokharistan e devastò molti villaggi, città e fortezze dei Medi e dei Mannei. Questo evento, confermato dai documenti assiri, contrasta con quanto dice Erodoto, che afferma l’esistenza nel 673 di un potente stato monarchico dei Medi. Secondo Erodoto i popoli medi, che vivevano dispersi in diversi punti dell’Iran occidentale, settentrionale e centrale, avevano scelto Divsar (Deioces) figlio di Faraorte, uomo sapiente e giusto, come loro re. Divsar ordinò che intorno a Ecbatana, divenuta la capitale del regno, venissero eretti sette bastioni. Il suo sistema di governo era quello tipico dei grandi sovrani e, poiché era un re giusto e autorevole, sette grandi tribù mede gli garantirono obbedienza. Divsar governò per 53 anni e dopo di lui il regno passò, per 22 anni, nelle mani del figlio Faraorte II che riuscì a sottomettere i Persiani. Successivamente, attaccò l’Assiria, ma venne ucciso durante la campagna. Suo figlio Siyagzar (Cyaxares) prese in mano il regno. A questo punto, gli Sciti lanciarono un attacco, che portò morte e distruzione per ben 28 anni. Alla fine Siyagzar ebbe la meglio e riuscì a sottometterli, regnando saldamente per 40 anni. Gli successe il figlio Astiage, che con l’aiuto degli Sciti rovesciò il governo assiro e rase al suolo Assur. Alla fine fu deposto da suo nipote, Ciro il grande, nel 550.
L’arte Meda è rimasta sconosciuta fino al 1986, ad eccezione di alcune ceramiche prive di decorazioni, rosse o grigie, in particolare grigio-verde, e qualche tomba scavata nella roccia. Nelle immagini raffigurate sul palazzo di re Sargon sono rappresentate delle città mede con elementi architettonici a più piani. Nel 1986 scavi a Tepe Nushjan e Gudin Tepe riportarono alla luce alcuni resti grandiosi di architettura meda, importanti anche per le informazioni sull’architettura achemenide. Sulla collina di Nushjan, all’altezza di 38 metri, c’è un’installazione che si è conservata grazie al depositarsi di terra, anche se i suoi muri sono crollati. L’architettura di Nushjan è per molti versi simile a quella di Hasanlu. Nella parte occidentale, disposti in fila in modo indipendente e pur tuttavia collegato, si trovano un tempio, un palazzo, un tempio del fuoco, e un piccolo arroccamento. Il palazzo, costruito in parte su i resti di un tempio più antico, è un edificio grandioso il cui soffitto era sorretto da tre file di sei colonne. La fortezza è una torre a base quadrata, con muri rinforzati da pilastri sopra i quali si trova un piano finestrato. L’entrata era costituita da una scalinata che conduceva alla porta d’ingresso. Il pavimento della fortezza si reggeva su lunghi muri, che delimitavano degli spazi per attrezzature o armamenti. Nel centro di tutto il complesso si erge un tempio dell’altezza di 8 metri, costruito con attenzione estetica, in quanto il suo interno era diviso in volumi complessi che servivano alle necessità rituali. Si tratta di un caso interessante di progetto architettonico realizzato con attenzione alla bellezza; da un lato, l’edifico era stato costruito per lo svolgimento delle pratiche religiose; nello stesso tempo, esso era una torre provvisto di scale interne che facilitavano l’accesso al tetto. Sopra il tetto si svolgevano riti di adorazione del fuoco a cielo aperto, fuoco che veniva conservato e venerato anche all’interno del tempio. La stanza del fuoco interna era decorata in modo singolare, con finestre cieche. D’altra parte, di fronte a questa stanza di culto, che fin dai tempi più antichi era chiamata sella fu costruita una stanza con soffitto a volta in cui venivano custoditi i materiali necessari al rituale, che venivano consumati in quantità eccezionale. In ogni caso, questa torre è l’antenato di quelle torri cubiche che vennero erette in epoca achemenide a Pasargade e a Naqsh-e Rostam. Tuttavia, dall’ottavo secolo queste torri o edifici simili per il culto del fuoco vennero erette in anche in luoghi che non erano state ancora abitate da popolazioni ario-iraniche.
A Gudin Tepe l’architettura meda ci ha lasciato una rocca governativa che comprendeva un bastione turrito. La rocca, che andò gradualmente ampliandosi, includeva un complesso di edifici operativi che, pur essendo senza uguali, può essere messo a confronto con i reperti di Nush Jan Tepe. Da ovest a est è percorsa da un palazzo sorretto da colonne, un corridoio anch’esso colonnato, ai quali venero presso aggiunti una stanza con una gradinata e le cucine; alla fine, un grande deposito venne rinforzato con muri spessi. Ci si chiede se l’edificio centrale, con la scalinata, fosse stato pensato per l’adorazione del sole all’aperto. Il palazzo era un edificio indipendente che dominava gli altri edifici, posti leggermente più in basso. La sua semplicità è degna di nota: il palazzo venne mutato in una grande sala approssimativamente quadrata il cui soffitto era sostenuto da 30 colonne, e sulla quale si aprivano due piccoli ripostigli. Dal lato della città, il palazzo finiva con dei corridoi molto stretti che, non essendo di essi rimaste che le fondamenta, non sappiamo se fossero coperti da volte o fossero invece le basi di una grande porta, o ancora qualcosa d’altro. Questo palazzo è il primo passo verso la definizione di un’architettura che porterà ai palazzi achemenidi. Per suo mezzo, noi sappiamo che i Medi erano amanti dell’architettura e grandi costruttori, e quanto essi si servissero di architetti di grande abilità e competenza.
Sebbene a partire dalla metà del secolo scorso siano stati portati alla luce numerosi reperti dei regni dei Mannei e dei Medi, è forse ancora prematuro ciò che sappiamo per formulare un giudizio definitivo e chiaro sui Medi e sull’arte della loro epoca.



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