L’arte della tessitura del tappeto

L’arte della tessitura del tappeto

L’Iran è universalmente conosciuto come la culla del tappeto annodato a mano. La parola tappeto proviene dal latino tapetum, che a sua volta deriva dal greco tapis-tapetos, di probabile origine iraniana tabseh, tabeh, tabastah, tabidan. Oggi in farsi viene indicato con l’espressione di origine araba farsh oppure ghali, di origine turca.

Il tappeto nasce come oggetto su cui sdraiarsi o sedersi al riparo dall’umidità e dal freddo e solo successivamente diventa elemento di arredamento.

Cosa dà valore a un tappeto? La finezza e la densità dell’annodatura. Un metro quadrato di tappeto può contenere da centomila a due milioni di nodi. Abadeh, Qom, Isfahan, Kashan, Kerman e Tabriz sono i centri iraniani più famosi nel mondo per l’arte della tessitura del tappeto.

Il tappeto più antico conosciuto risale a 2500 anni fa ed è stato rinvenuto presso la vallata di Pazyryk, nei Monti Altaj, in Asia centrale, ma è originario della Persia.

Il tappeto più grande esistente è iraniano: è di quattromila metri quadrati e si trova negli Emirati Arabi Uniti.

Produzione

La caratteristica peculiare di tutti i tappeti orientali è l’annodatura a mano. Il tessuto del tappeto è composto da tre parti: l’ordito, il vello e la trama. L’ordito è l’insieme dei fili, di solito di cotone, paralleli tra loro e disposti verticalmente fra le due estremità del telaio. Il vello è la superficie visibile del tappeto; esso è formato da fili corti, generalmente in lana, annodati sull’ordito. I nodi sono allineati in righe nel senso della larghezza, mai della lunghezza. La trama consiste in uno o più fili, quasi sempre di cotone disposti tra una riga di nodi e la successiva.

Le materie prime

I materiali usati nell’annodatura del tappeto sono tre: lana, seta e cotone. La lana adoperata è in prevalenza ovina, ma assai diffusa è anche la lana di camello; più raro invece è l’impiego della lana caprina. Per quanto riguarda la lana ovina, è naturalmente preferita quella a fibra lunga; le qualità variano anche da zona a zona. Molto apprezzata è anche la lana del Khorasan. La lana che si ottiene pettinando di inverno il vello della pecora e tosandola in primavera è nota come kurk, ed è di ottima qualità. Prima di essere adoperata, la lana deve essere accuratamente lavata in modo tale da asportare tutti i residui di grasso; quanto più sarà stata lavata, tanto più la tintura darà colori vivaci e puri. Alcuni tappeti dalla lavorazione particolarmente raffinata hanno il vello in seta. Il cotone invece è utilizzato esclusivamente per i fili dell’ordito e della trama. Nei tappeti antichi questi erano quasi sempre in lana. Nella produzione attuale, ad esclusione dei tappeti nomadi che sono interamente in lana, l’ordito e la trama sono in cotone.

I coloranti

L’operazione di tintura è molto delicata e viene preceduta da un bagno di allume, che agisce da mordente; poi il filato viene immerso nel bagno di tintura dove, a seconda dei colori, rimane da alcune ore a qualche giorno. Infine viene messo ad asciugare al sole. Fino all’avvento dei coloranti artificiali (l’anilina fu scoperta nel 1856 e la serie dei suoi colori giunse in Persia negli ultimi anni del secolo scorso), i coloranti usati dai tintori erano esclusivamente naturali, quasi tutti di origine vegetale. I tintori persiani ottennero una fama notevole nel corso dei secoli, riuscendo ad ottenere dalle sostanze vegetali una serie inesauribile di tinte. Quando però fecero la loro apparizione in Persia i coloranti artificiali, essi abbandonarono gradualmente la tradizione preferendo i nuovi colori molto meno costosi, tutto ciò a scapito della qualità e a lungo andare anche della fama dei tappeti persiani, in quanto i colori all’anilina davano tinte che mal si accordavano tra loro e che per giunta tendevano a scolorire. Oggi, con lo sviluppo della chimica, mentre i nomadi tendono a tingere esclusivamente con coloranti naturali, gli artigiani e i grandi laboratori delle città usano molti coloranti sintetici al cromo che non hanno i difetti riscontrati nei colori all’anilina.

Nei tappeti persiani ricorre spesso quello che a prima vista può sembrare, a seconda dei casi, un difetto o un pregio e che invece è soltanto una curiosa caratteristica: determinati disegni o sfondi, iniziati con un colore di una precisa tonalità, continuano poi con lo stesso colore ma di una tonalità leggermente diversa, o addirittura di un altro colore. Questo cambio di sfumatura nella colorazione viene chiamato abrash. La sua presenza è una prova che il tappeto è stato tinto con colori vegetali; infatti con questi è molto difficile ottenere lo stesso colore in due tinture separate.

Il telaio e gli attrezzi

Come si è già detto i tappeti orientali sono lavorati interamente a mano. I telai possono essere di due tipi:  orizzontale e verticale.

Il telaio orizzontale è composto semplicemente da 2 travi di legno tra le quali sono tesi longitudinalmente i fili dell’ordito. Durante la lavorazione  questi sono tenuti in tensione tra le 2 travi mediante 2 bastoni , legati alle estremità di ogni trave e piantati nel suolo. Questo tipo di telaio è usato quasi esclusivamente dalle tribù nomadi perché facilmente trasportabile.

Il telaio verticale fisso consiste di 2 travi parallele sorrette da due supporti verticali. I fili dell’ordito vengono tesi fra le due travi e l’annodatura del tappeto incomincia sempre dal basso. I tessitori lavorano stando seduti su un supporto di legno che viene alzato man mano che procede il lavoro.   Su questo tipo di telaio vengono di solito annodati i tappeti lunghi non oltre tre metri. Si possono ottenere tappeti più lunghi arrotolando il lavoro eseguito sulla trave inferiore e tendendo una seconda volta i fili dell’ordito fissati in precedenza sulla trave superiore.

Gli attrezzi utilizzati nella lavorazione dei tappeti sono pochi e molto semplici: il coltello, il pettine e le forbici. il coltello viene adoperato per tagliare il fili del nodo e può avere alle estremità della lama un uncinetto che serve all’esecuzione del nodo. Il pettine viene usato per serrare il filo o i fili della trama contro un’allineamanto di nodi.

Le forbici, piatte e larghe, servono a rasare il vello del tappeto.

L’annodatura

Bisogna tenere presente che il tappeto nasce quasi sempre (ad eccezione di alcune manifatture nomadi) da un progetto preciso preparato da personale specializzato che crea il disegno su un cartone millimetrato nel quale ogni quadretto corrisponde ad un nodo. Il cartone viene posto sul telaio davanti agli occhi di che deve fare il nodo.

L’annodatura a mano è la caratteristica essenziale di tutti i tappeti orientali. I nodi utilizzati sono di due tipi : Ghiordes o Turkibaft e Senneh o Farsibaft .

Il turkibaft o nodo turco o simmetrico, è utilizzato in prevalenza in Turchia e nel Caucaso e nelle regioni iraniane limitrofe (Azarbaijan Est ed Ovest).

Il farsibaft o nodo persiano o asimmetrico, è usato prevalentemente in Persia.

La fabbricazione del tappeto comincia sempre dal lato inferiore. Sui fili dell’ordito tesi verticalmente viene passato un certo numero di fili di trama in modo da creare un margine robusto che mantenga sempre integro il tappeto, evitando le sfilacciature e l’allentamento dei nodi. Si inizia quindi l’annodatura dei fili di lana del vello sui fili dell’ordito. Ogni filo di lana viene fissato su due fili contigui di ordito, secondo le due principali tecniche, nodo turkibaft e nodo farsibaft. È evidente che il costo di un tappeto dipende dal tempo impiegato per fabbricarlo e dal numero di nodi che contiene.

È per questo che artigiani furbi e frettolosi annodano in modo fraudolento. È frequente per esempio la pratica del cosiddetto “doppio nodo”, denominato jofti nel quale il filo di lana anziché essere annodato su due fili dell’ordito è annodato su quattro. Questa tecnica ha l’effetto di sminuire il valore del tappeto e ancora peggio, di rendere meno denso il pelo del vello e meno precisi e definiti il disegno e i motivi decorativi. Tutto il lavoro di annodatura è svolto a mano da tessitori molto allenati e veloci. In media un buon operaio esegue da diecimila ad un massimo di quattordicimila nodi al giorno. Un lavoro davvero immenso: basti pensare che per confezionare un tappeto di media qualità (con una densità di 2500 nodi per decimetro quadrato) e della misura di due metri per tre, occorrono, al ritmo di diecimila nodi al giorno, ben cinque mesi lavorativi.

I disegni

I tappeti orientali, a seconda del loro disegno, si possono dividere in due grandi gruppi: tappeti a disegno geometrico e tappeti a disegno curvilineo, noti come tappeti floreali.

I tappeti a disegno geometrico

Appartengono a questo gruppo tutti i tappeti decorati con elementi lineari composti da tratti verticali, orizzontali ed obliqui. L’insieme del disegno è spesso formato dalla ripetizione dello stesso motivo. I tappeti a decorazione geometrica sono per lo più quelli annodati dalle tribù nomadi, ma il disegno geometrico è anche utilizzato in alcuni villaggi dove la decorazione del tappeto è rimasta più primitiva. I primi tappeti infatti erano a disegni geometrici, mentre i primi esemplari a disegno floreale risalgono solo all’inizio del XVI secolo. I motivi dei tappeti geometrici sono praticamente tramandati a memoria.

I tappeti a disegno curvilineo o floreale

L’inizio della dinastia safavide coincide anche con il sorgere dell’artigianato vero e proprio dei tappeti orientali. Infatti i tappeti annodati dai nomadi e dai contadini non potevano soddisfare il gusto raffinato dei sovrani safavidi. Nacquero così i primi centri artigianali dove venivano annodati tappeti a disegno floreale che in pochi anni conferirono ulteriore prestigio all’arte islamica. La maggior differenza tra la lavorazione nomade e quella artigianale consiste nella funzione svolta dal maestro disegnatore. Infatti, mentre i disegni dei tappeti nomadi sono tramandati a memoria o scaturiscono dalla fantasia della persona che esegue il tappeto, il disegno del tappeto floreale è eseguito su un cartone e meticolosamente riprodotto dagli artigiani addetti all’annodatura. In questo caso il merito artistico va attribuito al maestro che ha disegnato e colorato il cartone.

 

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