La preghiera

Nell’Islam la preghiera è considerata uno dei doveri più importanti, che deve essere eseguito da tutti coloro che hanno raggiunto la maturità. Essa è stata definita “il pilastro della religione” e “il miglior mezzo per avvicinarsi a Dio” dopo la conoscenza di Dio stesso. Data questa sua importanza e centralità nella vita del credente, essa è stata prescritta sin dai primi giorni della missione profetica.
La preghiera è il cammino della rettitudine (istiqàma) che porta alla prossimità di Dio poiché è un atto di adorazione e un’azione di grazia; è Dio stesso che ci chiama e ci onora, con il suo servizio la preghiera ci avvicina a Lui. La preghiera, in quanto rito, è un atto trasmesso per Rivelazione e per questo è in se stesso un modo di rivelazione. La preghiera non è un semplice atto formale, ma un rito che produce i suoi effetti benefici a tutti i livelli: corporeo, psichico, spirituale. Le preghiere in numero di «cinque» seguono il ritmo del sole: Alba, mezzodì, pomeriggio, tramonto, e notte, all’unisono con l’Universo. È un rito che va eseguito con attenzione, concentrazione e umiltà, regolato da norme precise che rivestono un ruolo fondamentale nella formazione e nel perfezionamento. Ad esempio, la preghiera va eseguita in orari precisi rispettandone l’ordine di esecuzione delle sue diverse parti.
L’efficacia della preghiera non è riscontrabile solo a livello individuale, ma anche sociale, poiché vi sono varie preghiere che vanno eseguite collettivamente, tra cui quella, più nota, del venerdì. La preghiera del venerdì ha una forte connotazione comunitaria, rafforza l’unione fra i credenti ed è un mezzo per comprendersi a vicenda ed essere informati sui problemi della società. Infatti i due sermoni prescritti prima dell’esecuzione istruiscono sulla scienza e la dottrina dell’Islam ma toccano anche questioni specificamente sociali e politiche.
Il poeta mistico Rumi nella sua famosa opera Mathnawi così descrive il lamento dell’anima umana (paragonata a un flauto rosso), che soffre per la sua dimora terrena, contingente e instabile, e anela alla dimora celeste: “Ascolta come questo flauto rosso lamenta storie di felicità perduta e pena presente! Con me, strappato prima del tempo dalle rive natie, piangono giovani bisbiglianti amore, e vergini dagli occhi dolci. Oh, lascia che il Cuore, lacerato dall’assenza, senta il mio canto, e pianga il mio lamento: chi vaga in esilio, lungi dal proprio Giardino, freme per il ritorno e rimprovera l’ora d’indugio”. La preghiera è un mezzo divinamente ispirato e insegnato dal Profeta per “volare” ed “elevarsi” verso la propria dimora celeste.
L’essere umano però deve rispettare gli elementi esteriori e interiori della preghiera, e in particolare la Presenza del Cuore (hudhurul-Qalb) è una delle sue condizioni basilari, senza la quale essa non ha effetto significativo oppure lascia addirittura un effetto negativo sul credente. Egli deve riuscire a focalizzare costantemente la sua attenzione sull’atto che sta compiendo, in modo tale che le parole (in arabo, lingua sacra della Rivelazione) traggano origine dalla profondità del suo essere. Il Profeta disse che “quando l’orante prega, egli sussurra al suo Signore” volendo intendere che la preghiera è una sorta di “conversazione speciale” tra Dio e l’uomo.

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