Seyed Morteza Āvini
Seyed Morteza Āvini, nato il 23 Settembre 1947 nella città di Rey, noto come “Seyed Shahidān-e ahl qalam” (Maestro dei martiri dei letterati), è stato un regista di documentari e un giornalista in ambito culturale. L’insieme dei suoi documentari televisivi sulla guerra Iran-Iraq sono noti con il nome di “Revāyat-e Fath” (Narrazione della Vittoria).
Āvini terminò gli studi primari e secondari nelle città di Zanjān, Kermān e Tehrān; fin da piccolo era appassionato di arte, componeva poesie, scriveva racconti e articoli e dipingeva.
Conseguì il dottorato in architettura presso la facoltà di belle arti dell’Università di Tehrān. Āvini iniziò a fare film agli albori della vittoria della Rivoluzione con qualche serie sulla ribellione di Gonbad (“Sei giorni nel Turkmensahrā”), sull’alluvione del Khuzestān e sulla tirannia dei Khān (serie di documentari dal titolo “Vittime dei Khān”).
Nel periodo della guerra imposta dell’Iraq contro l’Iran, Āvini, insieme ai suoi assistenti (il gruppo di Revāyat-e Fath) lavorò ad alcuni documentari sul racconto della guerra tra cui: “Fath-e Khun” (La Vittoria del sangue), “Haghighat” (La verità), “Shahri dar āseman” (Una città nel cielo”) e fra tutti la più importante, ovvero la serie di documentari “Revāyat-e Fath”che si protrasse quasi senza sosta fino alla fine della guerra nell’anno 1367 (Egira solare).
In questo periodo il suo gruppo di lavoro produsse cinque serie (quasi settanta episodi); anche dopo la fine della guerra egli continuò il lavoro di documentarista della difesa sacra sui fronti di guerra. Āvini sulle sue opere scritte afferma: “con l’inizio della rivoluzione, tutti i miei scritti-tra cui le contaminazioni filosofiche, i racconti brevi, le poesie ecc… li ho messi in dei sacchi di cotone, li ho bruciati e ho deciso di non scrivere niente altro che non fosse “racconto dell’anima” e di non mettere “me stesso” al centro del discorso….ho cercato di togliere “me stesso” dal centro affinchè ogni cosa fosse Dio”;
con questo stato d’animo sono stati pubblicati libri di Āvini come “Fath-e Khun” (La Vittoria del sangue), “Āghāzi bar yek pāyān” (L’ inizio di una fine”), “Ganjineye Āsemāni” (Tesori celesti) e “Āyne-ye Jādu” (Lo specchio magico). Nel suo percorso professionale troviamo anche una selezione di articoli sul cinema dal titolo “Āyne-ye Jādu” (Lo specchio magico), una raccolta in ambito culturale e artistico e un articolo dal titolo “sharh-e nur” sul commento ai ghazal dell’Imām Khomeini.
Egli che conosceva anche il pensiero filosofico occidentale, le opinioni e le teorie dei suoi pensatori, accanto alla pubblicazione di articoli teorici sull’essenza del cinema e sulla critica del cinema iraniano e mondiale, ideò, fece ricerche e pubblicò numerosi articoli sulla verità dell’arte, sull’arte e il misticismo, sull’arte nuova tra cui il romanzo, la pittura, la grafica, il teatro, l’arte religiosa e tradizionale, l’arte della rivoluzione, sui principi della politica, sulla teoria del regime islamico e del velayat-e faqih, sulla cultura della rivoluzione confrontata con l’ unica mondiale e sull’invasione della cultura occidentale, dell’eccessivo occidentalismo e intelletualismo, sul modernismo e il conservatorismo e su altri argomenti.
Āvini il 9 Aprile 1993 presso Fakkeh mentre stava verificando la location di un nuovo episodio di “Revāyat-e Fath” dal titolo “Shahri dar Āsemān” (Una città in cielo), fu colpito dall’esplosione di una mina e morì come un martire.
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