Chiesa Di Vank
cattedrale di vank isfahanLa chiesa di Vank o “Amena Perkij” si trova a Esfahan nel quartiere di Jolfa. La sua costruzione, la cui architettura prese a modello la Chiesa di santo Stefano a Jolfa nell’Azerbaijan, risale al tempo del re safavide Shah Abbas.
“Vank” in lingua armena significa “monastero”. L’ornamentazione in oro del soffitto e della superfice interna della cupola, le pitture a olio influenzate dallo stile italiano e le dorature secondo lo stile iraniano sulle pareti, con le storie della vita di Gesù, sono le decorazioni più distintive di questa chiesa.
Il campanile di fronte all’entrata principale della chiesa è stato progettato secondo lo stile iraniano; esso fu costruito al tempo di Shah Soltan Hossein.
La chiesa di Vank è un esempio notevole di architettura composita islamo-cristiana. Annesso alla chiesa esiste pure un museo che fu inaugurato intorno al 1905-1906. In quegli anni nel lato settentrionale del cortile della chiesa furono costruite alcune sale per la conservazione e l’esposizione di libri, manoscritti e oggetti storici.
Fino al 1930 queste sale furono utilizzate sia come museo sia come biblioteca della chiesa. Questo spazio in seguito è stato ampliato.
Nel 1977 di fronte alla porta d’ingresso del museo sono state collocate due statue, opera dell’artista armeno Zaven Aivazyan: una raffigurante Mesrop Mashtots, inventore dell’alfabeto armeno (V sec. d.C.) , e l’altra Khachatur Gessaretsi, fondatore della tipografia della chiesa di Vank (XVII sec. d.C.). Esemplari delle decorazioni in stucco dei palazzi safavidi, opere d’arte, per lo più di argomento religioso, di pittori europei e armeni – in particolare di Abraham Guregnyan (1907-1967) –, e uno schizzo a carboncino del volto di Abramo attribuito a Rembrandt, sono tra le altre cose preziose di questo museo.
In questo museo è pure conservato un singolo capello sulla cui superficie Vahram Hakupyan nel 1947 ha inciso con uno stilo a punta di diamante una frase dell’Antico Testamento in lingua armena. In un’altra sezione del tesoro del museo è conservata una collezione di opere in metallo che comprende ornamenti e strumenti d’oro e d’argento per le cerimonie religiose – creati secondo le tecniche del moshabak-kari del rikhtegari (colatura del metallo), del malile-kari (lavoro a filigrana d’argento e d’oro) e dell’incisione e decorate con pietre preziose e semipreziose variopinte. Tessuti lavorati a mano con ricami sovrapposti, che comprendono paramenti sacri e costumi tradizionali degli armeni di Jolfa costituiscono un’altra sezione di questo museo.
Ancora, grandi sale sono destinate a vasellame in ceramica e porcellana e in un’altra sezione del museo sono conservate opere in legno, le più notevoli delle quali sono gli strumenti a corda costruiti da Yahya Khan (Hovhannes Abkaryan) e da Melkon Khan Jolfani e un chugur( NdT: uno degli strumenti musicali tradizionale, a corda)appartenuto a Manuk Manukian.
Altre opere molto preziose del museo di Vank che meritano di essere citate sono i circa 40 manoscritti armeni della Torah, del Vangelo e di altri testi religiosi le cui pagine sono adornate da miniature e disegni in stile armeno.
Una copia del Vangelo del X sec. scritta su pergamena e una traduzione in armeno del Corano del XVIII sec . sono i più preziosi di questi codici conservati in due sale dedicate rispettivamente ai manoscritti di Jolfa di Esfahan e ai manoscritti delle Chiese dell’Armenia occidentale.
Nel museo è anche conservata una collezione di 170 decreti dei sec. XVII-XIX, relativi all’immigrazione degli armeni, a concessioni commerciali e religiose per gli armeni di Jolfa e relative alla riscossione delle tasse dagli armeni: 22 di questi decreti sono esposti nelle sale del museo.
Il più antico di questi decreti fu emanato da Shah Tahmasnb nel 1564. Il museo della stampa della chiesa di Vank è anche molto rinomato, considerato che il capo della comunità religiosa armena Khachatur Gessaretsi insieme ai suoi allievi installarono presso la chiesa di Vank la prima stamperia dell’Iran.
Furono essi stessi a progettare e costruire le apparecchiature, e a produrre la carta e l’inchiostro di stampa e nel 1638 pubblicarono il primo libro: “Saqmus” (il libro dei salmi di Davide) che oggi è conservato a Oxford.
Nel museo della stampa di Vank sono custoditi caratteri tipografici, i primi libri pubblicati dalla stamperia di Vank, ed esemplari di volumi del XVII e XVIII sec. lavorati secondo diverse tecniche dell’arte della rilegatura: jeld-e sukht (la copertina di pelle viene disegnata con una pressa che bruciando la pelle la scurisce) , jeld-e zarbi (la copertina viene stampata con delle lastre di ottone su cui è stato inciso il disegno), jeld-e rowghani (il disegno della copertina, che può essere di materiali diversi, carta, legno, tessuto, ecc., viene ricoperto da vari strati di olio per conservare il disegno e rendere morbida la copertina), in oro, tempestate di gemme o miniate.
Altre sale del museo sono dedicate a Yeprem Khan, uno dei capi della rivoluzione costituzionalista iraniana (NdT: inizio ‘900); al genocidio armeno del 1915 messo in atto dal governo ottomano; all’Armenia indipendente negli anni tra il 1918 e il 1920.
Tra gli uomini di Stato che visitarono questo museo ricordiamo: l’ambasciatore dell’Armenia nel 1920, il principe del Sudan e il principe del Giappone nel 1933, il primo ministro della Germania nel 1957, la regina e il principe ereditario di Danimarca nel 1963, il presidente della repubblica dell’India nello stesso anno, il re e la regina del Belgio nel 1964, il principe di Spagna nel 1966 e Kofi Annan ex-segretario generale dell’ONU nel 1999.