La bellezza del sublime architettura iraniana.
racconti e diari di viaggio a Esfahan, di di Alessia bellan
Arrivare in questa meravigliosa città del centro Iran, magari dopo essere passati da Teheran e dai tour nelle varie località più o meno affollate di quella che è un’apprezzata meta turistica anche per gli europei, fa una strana impressione: seduti sulle rive del fiume Zeyandeh al tramonto, guardando il ponte Khajou che lo attraversa nel centro della cittadina persiana, si ha lo straniante effetto di stare a Firenze, sulle rive dell’Arno al tramonto, mirando il Ponte Vecchio. L’unica differenza con il ponte del Seicento di Esfahan? Mentre le antiche botteghe fiorentine vendono ai turisti oro e pietre preziose, qui, i piccoli graziosi anfratti sui 33 archi del ponte sono spazi dove venditori ambulanti offrono castagne, pannocchie, tè. Ascoltando i musici agli ingressi del ponte, mentre nel cielo volteggiano gli aquiloni.
Di grande attrattiva per le famiglie locali e per i viaggiatori che in maniera intelligente scelgono di fare una sosta a Esfahan è la Piazza dell’Imam (Meidan Emam), una delle più grandi del mondo – 550 metri di lunghezza x 160 di larghezza -, dove verso sera e nei giorni di festa si radunano famigliole, giovani, innamorati a passeggio per condividere attimi di amicizia e di pace sorseggiando un caffè, fumando il narghilé nei baretti della zona, facendo visita alle botteghe degli artigiani che ancora producono pregiati manufatti davanti agli occhi dei clienti.
Altro gioiello da non perdere, la moschea di Sheikh Lutfollah, nella parte est della piazza Naghsh i Jahan, una delle opere d’arte più belle dell’architettura iraniana. La costruzione venne iniziata dall’architetto Shaykh Bahai nel 1603 e ultimata nel 1619, nel bel mezzo del regno di Shah Abbas I, della dinastia Safavide. Fa parte, insieme con la piazza Naghsh i Jahan, dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Strutturata in maniera che l’Imam possa parlare a bassa voce ed essere comunque udito da tutti i fedeli, in ogni angolo dell’enorme spazio.
Un’altra sorpresa a Esfahan è lo splendido giardino fiorito. Un orto botanico con fiori incantevoli e piante provenienti da tutto il mondo. Una vera oasi per ripararsi dal caldo d’estate sotto i pergolati di rose purpuree, nel settore dedicato ai cactus o ai bordi del laghetto con le cascate d’acqua, dove ammirare anatre, pesci rari, tartarughe, anatre… Ascoltando il canto degli uccelli che qui hanno trovato un rifugio perfetto.
Per finire in bellezza, è consigliabile la sosta in uno dei tanti piccoli locali con cucina del bazaar, come “Peace coffee e tea”, oppure da Azam Beryani, dove provare il “beryani”, piatto che si trova solo in questa città. A base di polmone di montone, viene servito con cannella in polvere e con il pane locale, il “naan”. Si mangia di preferenza a mezzogiorno.
di Alessia bellan
Fonte: Treccani