Il mio diario del viaggio in Iran (per la mostra fotografica)
Torno in Iran per la terza volta, per partecipare con la mostra fotografica “Popoli e terre della lana” a un evento molto importante che si tiene a Teheran dal 4 all’11 marzo 2018, nella Casa degli Artisti, la maggiore galleria d’arte della capitale, e forse del paese.
Questa volta lo scopo è diverso dai nostri precedenti viaggi, in un certo senso potrebbe quasi essere ritenuto non un viaggio, perchè il soggiorno sarà limitato alla capitale. All’inizio ci prende una sorta di impulso bulimico a cercare mete vicine da poter raggiungere, ma presto ci accorgiamo che le distanze sono enormi sulla carta, figuriamoci nella realtà, e ci rassegnamo a una permanenza ristretta.
Arriviamo in piena notte all’aeroporto Komehini, e come le altre volte l’ingresso nel paese avviene già in aereo, quando ti accorgi che le donne presenti si affrettano a coprirsi il capo. Facciamo la fila per le solite operazioni di controllo del visto e ci ritroviamo nella babele dell’esterno, ad aspettare il mezzo per raggiungere l’albergo. A me e Maria Assunta sembra di cogliere una novità, rispetto agli scorsi sbarchi: tra tassisti, guidatori di ogni mezzo di locomozione, accompagnatori in attesa di gruppi di turisti, famiglie ricongiunte, bambini, inservienti, donne velate e coperte, spiccano tanti, tantissimi mazzi di fiori, la nuova moda di benvenuto che ci pare non aver visto in precedenza.
Teheran è una città immensa, qualcuno dice 20 milioni di abitanti, e a me sembra che abbiano deciso tutti di uscire, prendere la macchina e girare per le vie della capitale senza uno scopo apparente! Il traffico è micidiale, vorticoso di giorno e sera, ma presente a tutte le ore. Comincio subito a farmi l’idea che rimanere in città sarà una scoperta diversa dalle altre ma non meno sorprendente. E la prima cosa a sorprendermi in questo mio terzo viaggio in Iran è il caldo…venendo da un’Italia nella morsa del gelo, abbiamo portato equipaggiamenti siberiani, e ci troviamo in una primavera anticipata. Sarà il nowruz vicino…La stanza dell’hotel segna 28 gradi, nonostante il clima più che mite i riscaldamenti sono al massimo!
La domenica siamo impegnati con l’allestimento delle mostra fotografica. La casa degli Artisti, poco lontano dall’albergo, nella zona sud della città, la più popolosa e caotica, ospita un importante evento, che raccoglie opere fotografiche e grafiche da tutto l‘Iran. Siamo ricevuti con onori che ci sorprendono e ancora di più ci sorprende l’interesse che in questo paese, tacciato spesso in occidente di arretratezza e chiusura, viene rivolto all’arte e alla cultura in generale. Questa impressione in verità l’avevamo avuta già nel corso del viaggio precedente, in particolare a Shiraz, visitando il monumento del poeta Hafez, luogo incredibile non solo e non tanto dal punto di vista architettonico-artistico ma perchè vi si coglie l’interesse vivo e diffuso della gente, dei giovani soprattutto, verso la poesia, che qui è vero e proprio mezzo di comunicazione e di socialità.
Ritroviamo Sima, nostra guida nel tour precedente, ormai amica, e conosciamo Neda, organizzatrice dell’evento, piccola, vulcanica donna dalle mille responsabilità e incombenze, e dall’inesauribile energia, che ha sempre trovato modo e tempo di prendersi cura di noi. È lei che prepara la nostra, agenda“, lei che organizza incontri e interviste…bello l’incontro con il presidente dell’Istituto di Sviluppo delle Arti Contemporanee da cui Neda dipende, che ci riceve con grande cura, offrendoci te e dolci e soprattutto il suo tempo e il suo interesse. Con lui, grazie alle insostituibili traduzioni di Sima, parliamo di cultura, della sempre più forte presenza dell’Iran nella scena culturale internazionale, dell’Expò di Milano…e d’è grazie a lui e Neda che possiamo partecipare ad un concerto di musica contemporanea di un orchestra di giovani, bravissimi musicisti.
Ma questi riguardi sono solo una parte di un’accoglienza speciale, che l’Iran ci ha sempre riservato.
Sin da subito ritroviamo la vera, profonda e diffusa ospitalità del popolo iraniano, una genuina voglia di comunicare, l’interesse per lo straniero. A me paiono queste le caratteristiche più evidenti, che accomunano le tante anime ed etnie che compongono questo sterminato paese. Ovunque si vada, ovunque si colga il nostro spaesamento di stranieri, che sia davanti al tabellone della metropolitana, o all’incrocio di strade dai nomi sconosciuti, troviamo sempre qualcuno che non si limita a darci indicazioni, ma ci accompagna, si ferma a parlare, a scambiare due chiacchiere in una lingua franca fatta spesso di poche parole in inglese stentato (il nostro) e molti gesti e sorrisi. È questo l’Iran che mi ha sorpreso la prima volta, tra i pastori del nord, e che poi ho sempre ritrovato, nei luoghi periferici e nelle sue grandi città.
l’inaugurazione della mostra fotografica è un successo, tanta gente, autorità e persone comuni, e tanti incontri. Per me, in particolare, quello con Carmel, amica di amici italiani, che pur non conoscendomi, si è presa il disturbo di venire alla mostra. Ci riconosciamo tra la folla, non parliamo una parola l’una della lingua dell’altra, ci capiamo lo stesso…
Il resto della nostra permanenza a Teheran ci rivela un luogo che finora abbiamo sottovalutato, nella nostra ansia di scoprire questo paese immenso. La capitale è una megalopoli caotica, gigantesca, piena di gente in perenne movimento. Visitiamo una volta ancora il suo bazar più grande, dove ci conduce con pazienza un ragazzo gentilissimo, che abbiamo incontrato sulla metropolitana, nominatosi nostro tutore, dopo averci „ereditato“da un altro viaggiatore sceso alla fermata precedente. Lo invitiamo alla mostra e lui viene portando un enorme mazzo di fiori! Sima costruisce itinerari possibili nel poco tempo che abbiamo: il ponte della Natura, dal quale Teheran sembra una megalopoli del futuro, sullo sfondo delle montagne innevate, piccoli scorci cittadini, il posto con il migliore kebab di Teheran…
Nel poco tempo a disposizione, tra un impegno per la mostra e un’intervista che Neda instancabilmente ci procura!!!, visitiamo il Museo di Arte Contemporanea, dove ci seduce e coinvolge una bellissima mostra su Akbar Sadeghi, un artista che ha sperimentato ogni forma di arte visiva, con radici profonde nel passato persiano e contaminazioni fortissime con l’arte del mondo occidentale, una scoperta inattesa.
E ritroviamo Sharareh, un’amica di viaggi passati, finita nella nostra mostra con un bellissimo scatto di Mauro. Con lei e suo marito visitiamo un altro piccolo bazar e una moschea, dove ci fermiamo sedute sul pavimento, io, lei e Maria Assunta, a parlare di piccole e grandi cose, di Dio, di anima e fratellanza umana, come se ci conoscessimo da sempre.
L’ultima mattina la passiamo a visitare il grande cimitero di Teheran. Vogliamo andare a vedere la parte che ospita le sepolture degli eroi di guerra. Sin dal primo viaggio, ero rimasta colpita dalla presenza lungo le strade di immagini, tabernacoli, ritratti, di uomini e donne caduti nella guerra contro l’Iraq. Nel cimitero di Teheran centinaia di migliaia di teche di vetro custodiscono foto, ricordi, oggetti che testimoniano la vita, ma soprattutto i legami affettivi dei morti con le loro famiglie. È un impatto forte, il tema lo è. Ed è un tema che noi occidentali, oggi nella parte „fortunata“ del mondo, consideriamo col distacco di chi guarda quello che succede altrove, ma non potrebbe mai accadere a casa propria.
Un ultimo ricordo di questo viaggio, rivolto alla bravissima attrice-artista che con un gruppo di bambini ha animato la mostra utilizzando le immagini di Mauro per mettere in scena racconti della mitologia e dell’antica storia persiana tratti dallo Shahnameh di Ferdowsi.
Paola Riccitelli
diario del viaggio in Iran per la mostra fotografica