La Storia dell’arte dell’Iran

SECONDA PARTE

L’ARTE IRANIANA DALL’AVVENTO DELL’ISLAM
ALLA VITTORIA DELLA RIVOLUZIONE ISLAMICA

L’ARTE DEL PERIODO PAHLAVI

L’Architettura

L’architettura dell’epoca pahlavi deve essere suddivisa in periodi diversi. Esaminiamo prima il periodo del regno del primo Pahlavi che è composto da due parti: dall’instaurazione della dinastia pahlavi sino all’anno 1932 e dall’anno 1932 al 1942 e l’uscita del primo Pahlavi dal paese. Nella prima sezione si possono distinguere tre grandi tendenze: l’architettura basata sul periodo pre-islamico; l’architettura basata sull’architettura islamica iranica; l’architettura d’imitazione occidentale. Contemporaneamente si creò una sorta d’architettura mista, specialmente nell’architettura residenziale. All’inizio della dinastia pahlavi e alla fine di quella qajar, ci furono alcuni architetti, detti tradizionalisti, che continuarono con lo stile qajar. Molti di essi vissero fino agli ultimi anni del periodo pahlavi, contribuendo alla costruzione e alla decorazione dei palazzi reali. Questo gruppo comprende tre generazioni: la prima generazione è composta da architetti del periodo qajar e del periodo prima dell’avvento della rivoluzione costituzionale (anno 1907), tra i quali, in prima fila, si trova Hasan Qomi, giurisperito e mojtahed: tra le sue opere possiamo citare l’iwan ed i minareti del sacro mauseleo di Hazrat-e Masumeh ed il primo settore del bazar di Qom; il Maestro Rostam Borujerdi, di cui è rimasta l’entrata del Sabzeh Meidan (la piazza del mercato ortofrutticolo) di Tehran; il Maestro Fath Ali Shirazi tra le cui opere ci sono le cornici dell’ingresso e dell’entrata della madrasa Sepahsalar.
La seconda generazione comprende gli architetti del periodo successivo al movimento costituzionale, e tra loro i più noti sono: Jafar Khan Kashani, tra le cui opere possiamo citare l’ingresso del giardino-parco nazionale di Tehran, il Palazzo Verde di Saadabad, la pianta e l’entrata di pietra di Takht-e Marmar, la sala Haft Kaseh e le cornici dell’iwan orientale della madrasa Sepahsalar di Tehran; il Maestro Jafar Khan che fu l’architetto del periodo del regno di Mozaffar ad-Din Shah e lavorò sino al periodo Pahlavi; il Maestro Mohammad Zadeh, di cui sono rimaste delle opere considerevoli come la moschea Haj Sani od-Divan, il mausoleo Sayed Nasr d-Din, il Timcheh (bazar) di Sadr Azam in via Nasser Khosrow, uno o due iwan della madrasa Sepahsalar e la sezione inferiore della cupola del monumento di “Sar -e Qabr-e Agha”; il Maestro Mohammad Qomi Shirazi, autore della sezione superiore della stessa cupola; il Maestro Mahmud Qomi (figlio del Maestro Hasan Qomi Mojtahed) che costruì una parte delle cornici sotto la cupola di Takht-e Marmar, l’ingresso dell’Ospedale Najmiyeh ed anche la parte inferiore della cupola della moschea Sepahsalar a Tehran; ed infine il Maestro Ismail Qomi, l’altro figlio del Maestro Hasan Qomi, di cui sono rimasti i minareti del santuario di Hazrat-e Abd ol-Azim nella città di Ray e l’atrio d’entrata della madrasa Sepahsalar a Tehran.
La terza generazione di questi architetti, costituita dal nucleo proveniente dalle due generazioni precedenti, comincia con l’architetto Haj Hossein Lor Zadeh. Di lui sono rimaste molte moschee (ne costruì circa 842) e numerosi palazzi ed edifici, tra cui i più importanti sono: l’entrata della Banca Iran & Inghilterra nell’ ex piazza Sepah, l’entrata della scuola Dar ol-Fonun, il sepolcro di Ferdowsi, il palazzo privato dello Shah nella città di Ramsar, una parte delle decorazioni di Takht-e Marmar, una parte del complesso di Saadabad, il sepolcro della Famiglia Lor Zadeh, le moschee Azam di Qom, Imam Hossein, Motahhari, Anbar-e Gandom e Sangi di Tehran (quest’ultima moschea è stata recentemente demolita da parte del Municipio di Tehran), una parte della moschea-madrasa Sepahsalar ed infine una parte del santuario-mausoleo dell’Imam Hossein nella città di Karbala (in Iraq). Egli, solo dopo la Rivoluzione Islamica, ha edificato 363 moschee. Si possono considerare appartenenti a questa generazione anche il Maestro Heidar Khan, che costruì il Takht-e Marmar in base alla pianta preparata dal Maestro Jafar Khan, e Leon Tatavusian ed il suo assistente Boris.
Data la forte inclinazione pro-occidentale del primo sovrano pahlavi, molti architetti ed ingegneri stranieri, come André Godard e Siroux vennero in Iran, avviando l’occidentalizzazione dell’architettura iranica. Inizialmente, comunque, per dare alle loro opere un tratto iraniano, collaborarono anche con gli architetti iraniani, anche se il loro contributo non fu tanto considerevole. Alcuni di quegli architetti stranieri, come André Godard, che si interessarono all’antica arte iranica, cercarono di dare alle loro opere un carattere iraniano piuttosto che europeo. Ciò nonostante Godard, con l’istituzione del corso d’architettura alla Facoltà di Belle Arti dell’Università di Tehran, si impegnò formalmente ad insegnare l’architettura occidentale in base all’antica architettura greco-romana e le nuove tecnologie europee in questa disciplina ed alcuni architetti iraniani, da poco tornati in patria dall’estero, come Mohsen Foroughi e Hushang Seihoun, continuarono sulla sua strada.
L’architettura in questo periodo risentì di una confusione dovuta alla diversità degli stili, e col passare del tempo diminuirono i tratti iraniani e diventarono sempre più evidenti gli aspetti europei. Gli architetti che avevano a cuore gli antichi principi fondamentali cercavano di coprire, con un rivestimento simbolico e antico, gli stili e le forme occidentali, in altre parole di dare l’aspetto iraniano a questo tipo di architettura. Oltre a questa confusione, la tendenza politica del primo Pahlavi verso una maggiore occidentalizzazione, ed un grave malessere artistico nel Paese, favorirono l’esclusione di tipologie costruttive volte ad imprimere un aspetto tradizionale alle facciate dei monumenti e dei palazzi. Qunado il sovrano cambiò la sua politica filo-inglese a favore della Germania hitleriana, l’architettura lo seguì volgendosi verso gli stili tedeschi. D’altro canto, la mania o meglio la malattia di “demolire le opere del passato per crearne di nuove e moderne”, portò alla distruzione di molti bei monumenti dell’epoca zand e qajar ed in seguito persino di quelli safavidi. Al loro posto, nonostante la disponibilità di tanti terreni a Tehran, si costruirono palazzi di aspetto occidentale. In questo modo ville e palazzi zand e qajar furono demoliti per costruire le sedi di ministeri ed istituzioni governative come quelle del Minitero del Tesoro o della Giustizia.
Il ritorno degli architetti iraniani che avevano compiuto i loro studi all’estero, aumentò il divario tra l’autentica architettura iraniana e l’architettura occidentalizzata, rendondolo ancora più evidente. In altre parole, l’architettura “interiorizzante” iraniana divenne un’architettura esteriorizzante! Le nuove tecnologie in quest’arte, l’uso di nuovi materiali di costruzione come le travi di ferro ed il cemento armato e l’esclusione delle particolarità locali e delle caratteristiche autentiche iraniane, cambiarono completamente gli spazio e l’aspetto urbanistico ed architettonico delle città. Tutti gli edifici, come le sedi degli uffici statali, i grandi alberghi, le banche, le stazioni centrali delle ferrovie, le scuole tecnico-professionali, le facoltà e le università, gli ospedali ecc …vennero costruiti ed eretti in base alle nuove necessità ed alle illusioni occidentali. Questo processo continuò fino al punto che la demolizione delle opere antiche per costruire delle opere “occidentalizzate” diventò un fatto lecito ed abituale. Quindi i castelli, i monumenti, le fortezze e persino alcune moschee antiche vennero demolite al fine di spianare la strada all’allargamento delle città. I motivi di queste demolizioni potrebbero essere descritti come segue:

– poiché le fortezze, le ville ed i monumenti qajar non erano in armonia con il sistema urbanistico e con l’architettura occidentalizzata e dato che l’industria del turismo era ancora sconosciuta nel paese, la demolizione di queste opere sembrava un fatto normale e proficuo. Dal punto di vista politico, inoltre, ci fu il tentativo di cancellare ogni traccia della precedente organizzazione dello stato, e attraverso la demolizione delle sue opere si rendevano più manifeste quelle del sistema da poco istituito;
– poiché c’erano troppe somiglianze e forti legami tra i monumenti antichi e le opere ed i monumenti religiosi, il primo Pahlavi, a causa della sua inclinazione anti-religiosa, sostenenne la distruzione e l’eliminazione di questo tipo di monumenti. È da notare che gli edifici religiosi costruiti in questo periodo erano molto semplici e dimessi, dal momento che la loro costruzione non era sostenuta finanziariamente allo stato, ma er il popolo a provvedervi secondo le proprie disponibilità economico-finanziarie.
– il terzo motivo riguarda l’allargamento delle città in relazione alle nuove esigenze, e tra queste la creazione di reti stradali più larghe che diventarono un pretesto per rendere normale ed abituale la demolizione delle opere del passato che si trovavano sui nuovi percorsi da realizzare!
Durante il regno del secondo Pahlavi, Mohammad Reza Shah, venne abolito anche quell’attenzione minima di conferire un aspetto iraniano agli edifici e in nome della modernizzazione venne avviata una intensa propaganda per la vita in appartamento in palazzi a più piani (a volte arrivavano fino ad oltre venti piani)! L’emigrazione dai villaggi verso le città rese ancor più urgente la costruzione di molte abitazioni e così la vita in appartamento si sostituì alla vita nelle case di uno o due piani e con il cortile privato. Le piante dei grandi palazzi europei vennero copiate e realizzate anche in Iran e si costituirono dei grandi complessi residenzial estranei allo spirito iraniano! Attualmente questi palazzi sono cresciuti come funghi grandi e colossali, come simbolo del progresso tecnico ed architettonico in diverse città, in particolare in Tehran e nei capoluoghi delle regioni dell’Iran.

La pittura e le altre arti figurative

Dopo il ritorno di Mohammad Ghaffari (Kamal ol-Molk) dall’Europa, ove aveva studiato e appreso la pittura occidentale e copiato le opere classiche europee, le sue attività per insegnare i metodi della pittura occidentale deviarono gradualmente il percorso della pittura qajar verso una nuova evoluzione, sostituendola con il realismo assoluto simile al rinascimento artistico italiano. Gli artisti dell’autentica corrente dell’arte, compresi i pittori, gli artisti della ceramica e degli specchi, si occuparono delle decorazioni dei palazzi reali lasciando l’insegnamento delle arti irano-islamiche.
Solo per un breve periodo di pochi anni fu attiva una scuola diretta da Hossein Taherzadehe-ye Behzad per insegnare le arti iraniane. Tale scuola istruì alcuni artisti cosiddetti tradizionalisti, il cui numero si contava sulle dita di una mano. La prima generazione di questi artisti non è più in vita, mentre la seconda si avvicina all’età della vecchiaia. L’istituzione della Facoltà di Belle Arti tramite il francese Andrè Godard, che in seguito fu diretta dall’ingegnere Foroughi, indusse la scuola di Taherzadehe-ye Behzad a chiudere e ad interrompere le proprie attività. Quindi la conservazione e l’insegnamento delle arti iraniane autentiche si limitò all’Ufficio delle Belle Arti del Paese.
D’altro canto gli artisti che studiavano all’estero, inviati in Europa dal primo Pahlavi, dopo il ritorno in patria, introdussero dei nuovi metodi europei, completamente estranei all’arte e alla cultura iraniane, impegnandosi ad insegnarli e diffonderli per indurre la gente ad assimilarli! E data la concordanza e la sintonia di quella corrente europeizzante con la politica, il Ministero della Cultura d’allora si occupò di finanziare, istruire e incoraggiare i giovani artisti ad essere attivi in questa nuova corrente. Di conseguenza gli artisti tradizionalisti, in particolare i pittori degli affreschi da caffè, caddero nel dimenticatoio e i maestri come Qullar Aghassi e Modabber morirono in miseria e povertà. Altri pittori furono attivi solo in alcune città come Isfahan e cosi gradualmente diminuì il numero dei maestri delle arti iraniane.
Durante il regno del secondo ed ultimo sovrano Pahlavi, l’europeizzazione divenne una corrente della vita quotidiana e si diffuse talmente tanto l’imitazione cieca dell’arte europea che molti artisti presentavano le opere europee, con piccoli cambiamenti, come proprie opere con tanto di nome e firma! I personaggi più in vista di questo gruppo furono Nami, Jafari ed il Maestro Ziya Pur. L’istituzione del Festival dell’arte di Shiraz da parte di Farah Pahlavi, la moglie dell’ultimo re, fece sì che alcune espressioni dell’arte occidentale contemporanea, in particolare della musica e dello spettacolo, fossero talmente apprezzate da venire eseguite pubblicamente per le strade di Shiraz. Spettacoli offensivi e contrari alla religione e alla morale che furono poi imitati dagli artisti iraniani. Anche il cinema che è un’arte del tutto occidentale ed uno dei fenomeni della tecnologia contemporanea, fu una delle espressioni artistiche che si sviluppò in quel periodo e si diffuse ampiamente proprio durante il regno del secondo Pahlavi, mentre ci si sforzava di europeizzare la cultura popolare.

Cinema e Teatro

Le arti dello spettacolo, come il teatro ed il cinema, sono principalmente due arti occidentali europee e la loro introduzione in Iran è considerata una sorte di “occidentalizzazione” e “aggressione culturale occidentale”. Tale fenomeno si manifestò al momento del passaggio dalla dinastia Qajar a quella dei Pahlavi. Il primo Pahlavi, Reza Khan Mir Panj, sostenuto all’inizio dall’Inghilterra, si impegnò per eliminare, o per lo meno indebolire la religione islamica, attraverso la sostituzione della cultura irano-islamica con quella europa. E questo fu possibile solo attraverso la diffusione delle correnti culturali europee ed il divieto di svolgimento delle cerimonie religiose e culturali islamiche.
L’arte cinematografica e quella teatrale ebbero però un diverso viluppo e le differenze si mostrarono gradualmente, mano a mano che si diffondevano. Per questo motivo occorre studiarle ed esaminarle separatamente.

Teatro

Gli storici dimostrano che nell’antichità ci furono due specie di spettacolo in due diverse aree del mondo: in Cina in Oriente ed in Grecia in Occidente. Ma nel Vicino e nel Medio Oriente non vi è nessuna traccia di quest’arte prima dell’invasione di Alessandro Magno, e non vi è nessuna testimonianza storica che dimostri la veridicità dei racconti storici secondo cui Alessandro, sulla strada per l’India attraverso la Mesopotamia e l’Iran, fece costruire dei teatri all’aperto per gli spettacoli nelle città di Babilonia e di Kerman: sino ad oggi non si è trovata la benchè minima traccia di questi siti.
Sembra che durante il regno dei Buyidi, di confessione sciita, si diffuse una specie di spettacolo religioso per la commemorazione del martirio del Signore dei martiri l’Imam Hossein ibn Ali (la pace su di lui). Però sin dal periodo safavide, questo tipo di spettacolo si diffuse ufficialmente con il nome di taziyeh (‘tragedia della passione’) e numerosi poeti composero delle poesie di lutto e dei dialoghi in versi da recitare in questi spettacoli. Indubbiamente la poesia composta da Mohtasham Kashani riguardo il tragico episodio di Karbala ed il martirio dell’Imam Hossein e di settantadue persone tra familiari e suoi compagni, è la più nota tra queste poesie. Insieme a questi spettacoli di lutto, si svolgevano anche delle cerimonie religiose per commemorare gli anniversari della nascita dei santi, in cui si recitavano e si cantavano delle poesie. È del tutto certo che queste cerimonie e questi spettacoli si svolgevano in forma improvvisata e non avevano un luogo specifico per la messa in scena e perciò furono denominati “sopra la vasca” (il palco veniva allestito sopra la vasca posta al centro dei cortili delle case private, N.d.T.).
Durante l’epoca qajar, e più precisamanete durante il regno di Nasser ad-Din Shah, l’arte delle taziyeh giunse all’apice del suo splendore. Egli, dopo il ritorno dall’Europa, ordinò di costruire un teatro a forma circolare in diversi piani con al centro una pedana circolare su cui svolgere questo spettacolo di lutto. Questo teatro che fu nominato Tekiyeh Dolat ed era coperto da una grandissima tenda, fu attivo sino al tempo del primo Pahlavi; egli però, essendo contro ogni sorta di manifestazione religiosa ed essendo gli spettacoli della taziyeh ed in genere le cerimonie di lutto per il l’Imam Hossein (la pace su di lui) la dimostrazione e l’esaltazione della lotta contro l’oppressione, della giustizia, e della necessità di raccomandare il bene e proibire il male, tutto ciò fu in netto contrasto con il suo modo di governare il paese basato sull’oppressione e sulla soppressione; ordinò dunque la demolizione del teatro Tekyeh Dolat e così venne distrutta questa bellissima opera architettonica. Egli in compenso fece costruire delle sale per portare in scena gli spettacoli occidentali tradotti, e così fece un grosso passo per l’esclusione della cultura religiosa e per la diffusione della cultura occidentale. Da quel momento in poi possiamo parlare di un’arte nuova ed estranea di nome Teatro. L’arte dello spettacolo occidentale, il teatro, all’epoca del regno del secondo Pahlavi, si suddivide nei seguenti quattro generi:

1) teatro dove prevalgono i temi iraniani e con tendenza e presa di posizione politica, proprio allo stesso modo occidentale. In questo genere furono attivi attori come Ali Nassirian, Jafar Vali ecc …che recitavano le sceneggiature scritte da Gholam Hossein Sa’edi e Akbar Raadi. Dato che l’introduzione del teatro occidentale in Iran coincise con gli avvenimenti dei decenni Cinquanta e Sessanta, in questi spettacoli prevaleva generalmente il tono politico e a volte anche l’ironia politica. Per questo motivo dopo poco tempo essi furono vittima dalla censura politica ed infine vennero proibiti.
2) teatro completamente occidentalizzato e di basso livello intellettuale, definitivamente apolitico (voluto dal regime stesso). Questo genere di teatro fu abbastanza forte grazie al sostegno particolare del governo del tempo, era completamente occidentalizzato e privo di ogni riferimento politico. Aveva una forte connotazione anti-religiosa e si svolgeva durante i festival o feste artistiche. Il Festival dell’Arte di Shiraz fu il più esplicito di questi programmi. Personaggi come Ashur Banipal e Arbi Avanessian, ne furono i promotori. Certe volte in essi recitavano anche artisti stranieri. Questi gruppi e questo genere di spettacolo furono sempre contestati dagli altri gruppi.
3) teatro universitario-studentesco. Questo genere era promosso dalle correnti studentesche e dai gruppi politici universitari nelle facoltà d’arte, con temi politici e di critica sociale. Questo genere arrivò all’apice dello splendore negli anni precendenti la Rivoluzione Islamica e pur essendo contrastato e perseguito da parte delle autorità, continuò la propria attività sino al periodo della Rivoluzione Islamica dell’Iran nel 1979.
4) teatro popolare e di strada detto Lalehzari (da Lalehzar, nome di una strad dove si svolgevano spettacoli del genere popolare e comico. N.d.T). L’obiettivo principale di questo genere era quello di far divertire e far ridere gli spettatori e di allontanare la gente dalle attività politiche. Questo genere fu molto diffuso negli anni Sessanta e Settanta, ma con la diffusione dell’arte cinematografica perse il proprio splendore e il numero di teatri di questo tipo di spettacoli diminuì gradualmente fino ad estinguersi definitivamente con la vittoria della Rivoluzione Islamica.

Cinema

Anche il cinema come il teatro è un’arte completamente occidentale che fu inventata in Francia dai fratelli Lumier nel 1895. Il suo principio di funzionamento è basato sul passaggio rapido di una serie di fotografie di fronte agli occhi per creare l’impressione del movimento nelle immagini. Il primo film prodotto, della durata di pochi minuti, fu “L’uscita degli operai dalla fabbrica”. Il termine ‘cinema’ significa movimento. E proprio agli inizi della sua invenzione fu portato in Iran, all’epoca di Nasser ad-Din Shah Qajar, una macchina da presa e di stampa prodotta dalla fabbrica dei Lumier. Il primo film in lingua persiana dal titolo Dokhtar-e Lor (‘La ragazza Lor’), fu prodotto da Sepanta in India , il quale grazie alla sua novità, pur avendo tanti difetti e mancanze, divenne famoso ed ebbe un grosso guadagno.
L’arte del cinema, come il teatro, fu un mezzo per promuovere ed imporre la cultura occidentale al popolo iraniano e dato che la maggioranza dei film furono importati dall’estero, la sua funzione fu molto più di una semplice proiezione sui grandi schermi. Pian piano coloro che avevano appreso il metodo di lavoro, cioè come fare e produrre il film, cominciarono a produrre dei film con i temi iraniani.
Tuttavia solo i film prodotti con i temi occidentalizzati e/o ad imitazione dei costumi e dalla vita occidentali usufruivano del sostegno e dei sussidi economici da parte del governo. I film prodotti durante il regno dei Pahlavi, negli anni Quaranta e Cinquanta, non avevano nessun valore artisitico mentre in essi erano sempre più presenti gli aspetti imitativi e politico-propagandistici a favore del governo e quelli ingannevoli nei confronti del popolo. In seguito, per dei motivi ben chiari, tra cui in primo luogo il basso costo della produzione dei film e la possibilità di proiettarli nelle sale di diverse città, il cinema negli anni Sessanta e Settanta prese il posto del teatro. Molte sale di teatro, tra cui quelle della via Lalehzar a Tehran, si trasformarono in sale da cinema. L’importazione di diversi generi di film occidentali con temi completamente non-religiosi e contrari ai valori nazionali e religiosi, negli anni Settanta indusse i produttori iraniani a produrre film immorali e indecenti che l’amministrazione politica e governativa sosteneva fermamente, anche finanziariamente, con il pretesto della libertà di opinione.

Le arti popolari

Il primo Pahlavi fondamentalmente non dava nessuna importanza all’arte, perciò durante il suo regno, ad eccezione degli artisti rimasti dal periodo qajar, non ne apparvero altri. L’unica iniziativa importante di quel periodo fu l’istituzione di un istituto per le Belle Arti diretto da Pahlbod, genero di Reza Pahlavi. Questo istituto cambiò successivamente il nome in Ufficio per la Direzione Generale delle Belle Arti, e all’epoca del secondo Pahlavi, in Ministero della Cultura e dell’Arte. Questo ufficio promosse delle attività relativamente utili per la conservazione delle tecniche artigianali e delle arti locali, come la lavorazione della ceramica, l’incisione dei metalli, la lavorazione con il vetro, il tappeto, la pittura e la lavorazione delle piastrelle di maiolica, e istituì anche un piccolo museo nelle propria sede in Piazza Baharestan. Queste attività però furono limitate all’impegno piuttosto personale di alcuni impiegati dello stesso ufficio e non si estesero a tutto il paese. All’epoca del secondo Pahlavi, in particolare negli anni Sessanta e Settanta, l’attività del Ministero della Cultura e dell’Arte fu per lo più riservata alla propaganda ed alla diffusione dei festival e delle feste dell’arte, il tutto per favorire l’occidentalizzazione della cultura artistica del paese. Venne organizzata una mostra biennale della pittura che fu un’imitazione assoluta delle biennali europee, in cui si esponevano innumerevoli opere prodotte secondo i metodi e gli stili correnti in Europa. Altre attività di questo ministero furono l’istituzione di qualche liceo di belle arti nelle città di Isfahan, di Tabriz e di Tehran ed anche la fondazione di qualche facoltà per le arti ornamentali e per lo spettacolo che seguivano i programmi accademici delle scuole francesi.
L’evento più importante del periodo pahlavi, in particolare durante il regno del secondo Pahlavi, fu la creazione di un gruppo di artisti spontanei che dimostravano un interesse particolare per le autentiche arti iraniane. Anche se le loro opere furono la continuazione o l’imitazione delle arti dei periodi safavide, zand e qajar e non presentarono delle innovazioni, dettero però un notevolissimo contributo nel mantenere viva la corrente artistica nazionale iraniana e nel trasmetterla al periodo della Repubblica Islamica. Tra questi artisti si possono citare i nomi di Modabber e Qullar Aqassi ed i loro allievi come Ismail Zadehe-ye Chalipa, Abbas Boluki Far e Hossein Hamadani nel campo della pittura da caffè, e Bahadori e Farshichian nella pittura. Farshchian fu un pittore molto abile e davvero un Maestro nel disegno e nella colorazione. Egli fondò il proprio stile secondo i criteri dell’arte autentica iranica. Il Maestro Farshchian ebbe numerosi allievi che attualmente a loro volta, sono impegnati nell’insegnamento e nell’educazione della giovane generazione.



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