SECONDA PARTE
L’ARTE IRANIANA DALL’AVVENTO DELL’ISLAM
ALLA VITTORIA DELLA RIVOLUZIONE ISLAMICA
L’ARTE NEL PERIODO MONGOLO
I primi Mongoli ovvero gli Ilkhanidi
La rovinosa aggressione dei Mongoli iniziò nel 1220 L’avvento di Chengiz Khan è uno dei più spaventosi e tragici eventi della storia. Nel corso delle loro invasioni, i Mongoli non ebbero pietà per nessuno, nè donne, nè bambini, nemmeno per gli animali, e uccisero chiunque si venne a trovare sulla loro strada. Tante città vennero rase al suolo e annientate completamente, le popolazioni massacrate. Le moschee divennero stalle per i loro cavalli, le biblioteche incendiate ed i libri divennero mangime per i quadrupedi. Essi bruciarono ogni città e villaggio conquistati, distruggendoli interamente! La catastrofe fu tale che l’Iran non fu mai più capace di riprendersi completamente dalle sue dannose conseguenze, non riuscendo a ricostruire tutto ciò che era andato distrutto. Grandi opere d’arte vennero rase al suolo, l’economia e l’agricoltura furono rovinate radicalmente, tanto che alcune generazioni successive vissero nella desolazione e nella miseria totale. Ma lo spirito educativo ed istruttivo iraniano riuscì, nell’arco di un secolo, a pacificare e ad assogettare i Mongoli, e attraverso la loro conversione al Buddismo e all’Islam, in particolare allo sciismo, a ricostruire il Paese proprio tramite loro stessi, dando vita ad una svolta completamente nuova. I comandanti ed i khan mongoli non furono però soltanto assassini e distruttori, le loro vittorie non furono dovute soltanto al grande numero di soldati presenti nel loro esercito, ma nche e soprattutto alla notevole abilità militare, all’efficace sistema di spionaggio, alla forza e alla resistenza fisica, a volte considerata leggendaria, e soprattutto al coraggio e alll’audacia dei comandanti. Allorquando queste caratteristiche vennero sottoposte al controllo e all’istruzione dei saggi iraniani e quindi si unirono alle loro antiche tradizioni, alle loro intuizioni e alla loro senso estetico, iniziò un secolo, il XIV, caratterizzato da un’architettura grandiosa e da una splendida attività decorativa. I Mongoli assimilarono gradualmente le caratteristiche e le abitudini iraniane, deciendo di riprendere l’attività di edificazione di monumenti. Hulegu, il nipote di Chengiz Khan (1218-1266), pur nella distruzione, pensò alla progettazione di edifici ed alla creazione di un’ architettura adatta a quel tempo.
Da quel momento ricominciò in tutto l’Iran l’attività di ricostruzione e di edificazione di nuovi edifici. Le basi principali, le fondazioni e le piante dei palazzi furono le stesse impiegate nell’architettura selgiuchide. Ma poiché i principi ed i sovrani, per preservare la loro superiorità ed affermare il loro orgoglio, vollero monumenti più grandiosi di prima, aumentarono le dimensioni e le misure dei palazzi e delle torri. L’imponenza delle facciate venne aumentata grazie all’utilizzo di cornici alte, lunghe, sottili, curve e appuntite. Queste cornici in genere ornavano i palazzi in gruppi di tre. Rinacquero nuovamente, come nell’antichità, ingressi e portoni di grande altezza che furono accolti con molto interesse.
Alcune città distrutte vennero ricostruite di nuovo per ordine di Hulegu. Convertitosi al Buddismo, egli si fece costruire un tempio buddista e un bellissimo palazzo nella città di Khoy. Nel 1261 fu costruito il noto osservatorio di Maragheh, con costi esagerati, da un architetto di nome Gharazi. I suoi successori costruirono tanti palazzi e giardini, e Arghun (1282-1293) ravvivò l’architettura ad un alto livello. I sovrani ilkhanidi divennero prima buddisti, poi cristiani e dopo poco si convertirono all’Islam sunnita ed infine allo sciismo, e per questo motivo costruirono numerose chiese e monasteri. Abaqa, nel 1276, fece restaurare il grande iwan di Takht-e Soleyman nell’Azerbaijan. Sul finire del XIII secolo, furono costruiti dei bellissimi monumenti a Shiraz, ma i forti terremoti negli anni successivi non ne lasciarono nessuna traccia. La moschea del Venerdi di Urumiyeh reca un’epigrafe, datata 1278 e posta sul mihrab, che ricorda la ricostruzione della moschea al posto di un monumento ancor più antico. Questo prezioso edificio ha tuttora conservato le caratteristiche dell’epoca dei Mongoli, ovvero le grandi finestre al di sotto della cupola, le decorazioni in gesso e le epigrafi che sono molto più ricche e più raffinate di quelle dell’epoca selgiuchide.
Il regno di Ghazan (1296-1305) fu caratterizzato da un’intensa attività di ricostruzione architettonica. Egli, si era da poco convertito all’ Islam ed aveva ricevuto un’educazione iraniana; appena arrivò al potere, confessò di aver ereditato un paese distrutto, quindi al fine di ricostruire, avviò un grande progetto, tale da creare valide ed importanti opere nell’arco di tempo di 10 anni. Egli decise di edificare, in ogni città, una moschea e un bagno pubblico e di devolvere il reddito del bagno pubblico alle spese per il mantenimento della moschea. Creò una cittadella nelle vicinanze di Tabriz, di nome Shanb Qazan, la quale non ebbe eguali oltre al monumento di Persepoli, per quanto riguarda la varietà, l’organizzazione e la grandezza. Stando alle testimonianze storiche, Ghazan controllava di persona le piante e la loro esecuzione; addirittura si dice che egli stesso abbia preparato le piante dei palazzi della cittadella. La sua tomba, di cui non è rimasta che una massa di terra e di pietra, era un complesso di 12 palazzi che comprendeva un monastero, una madrasa, un ospedale, una biblioteca, un tribunale, la corte di stato, un osservatorio, una residenza estiva, dei bellissimi giardini e viali alberati. Il sepolcro stesso era un monumento di 12 lati a forma di torre, del diametro di 15 metri ed una cupola alta 80 metri, con un alto cornicione, le epigrafi perimetrali dorate e la superficie delle piastrelle di maiolica di color turchese, azzurro e nero con diversi disegni geometrici. Circa 4000 operai lavorarono quattro anni per completare l’edificio. Questo monumento era ancora in piedi fino a 400 anni fa, nonostante i forti e continui terremoti.
Rashid ad-Din ispirandosi a Khazan, fondò una città universitaria a Tabriz. Essa comprendeva 24 caravanserragli, 1500 negozi, 30.000 abitazioni, quartieri per gli studenti provenienti dalle altre regioni, ospedali, centri di accoglienza, giardini per gli stranieri e per i viaggiatori; questi ultimi erano più grandi di quelli dei monumenti simili. Di questa cittadella, nota con il nome di Rashidiyeh, non è rimasta nulla eccetto poche rovine.
Oljaitu, fratello minore di Khazan, (1305-1317), fondò, come propria capitale, una splendida città nelle belle pianure verdi di Sultaniyeh, la cui fondazione iniziò nel 1306 e terminò nel 1314. Fu una impresa enorme in quanto una città vasta quanto Tabriz venne costruita in poco tempo. Il mausoleo di Oljaitu dominava tutta la città. Esso è considerato uno dei più grandi capolavori dell’architettura iraniana. È noto che Oljaitu si convertì allo sciismo e scelse il nome di Mohammad Khodabandeh (Mohammad, ‘servo di Dio’) e costruì questo monumento per trasferirvi le spoglie degli Imam Ali (la pace su di lui) e Hossein ibn Ali (la pace su di lui). Ma gli ulema della città di Najaf glielo proibirono e cosi il monumento divenne il suo stesso sepolcro.
La struttura di questo mausoleo è ottogonale, con una cupola semicircolare di 54 metri di altezza e di 25 metri di diametro, rivestita con piastrelle di maiolica, e una larga cornice lavorata a moqarnas. In ognuno degli otto lati c’è un minareto ornato e dipinto di colore celeste splendente e tutti insieme sembrano incastrare al loro interno la cupola come una pietra preziosa. Al secondo piano ci sono alcuni corridoi esterni. Si tratta di un’innovazione rispetto ai monumenti di Khajeh Rabie di Ghadamgah e del Taj-e Mahal. Lo spessore dei muri è di otto metri, ma sembra minore grazie alle facciate ad arco grandi e alte. Le angolature di questi archi si confondono completamente con la base dell’imponente cupola semisferica, tramite alcune moqarnas meno profonde. Lo spazio interno del monumento è molto grande ma non vuoto o privo di senso. Tutti gli elementi del monumento sono uniti in una grande armonia serena. Alcune finestrelle permettono l’ingresso della luce attraverso grate, le cui ringhiere sono lavorate e installate con grande perizia. La cupola, nonostante il grande volume, sembra leggera e viva, ed è costruita, forse per la prima volta in assoluto, a due strati.
Mattoni leggeri di colore giallo oro, in cui sono intarsiati piccoli pezzi di maiolica di colore azzurro a creare epigrafi con scritte in caratteri cufici, rivestono tutti i muri. Nell’anno 1314 l’interno del monumento fu nuovamente decorato con opere in stucco. Le decorazioni furono create dai migliori progettisti del tempo, i quali spesso lavoravano con un bassissimo salario e mezzi molto modesti. I progetti erano differenti: una grata di piastrelle di maiolica dipinte con fiori di vari colori: rosso rubino, ruggine, azzurro scuro e giallo oro su un fondo chiaro; tante epigrafi, con scritte di versetti coranici, furono appese dappertutto, sulle colonne, sull’intero perimetro della cupola e su tutte le facciate ad arco. Gli archi dei ventiquattro corridoi esterni, di cui tre ad ogni lato del monumento, costruiti secondo lo stile sasanide (un arco grande al centro e due piccoli ai lati), furono ornati con delle cornici dipinte di interessanti disegni geometrici. Esse erano molto belle ed incantevoli per il progetto e per il colore e in esse furono eseguite le rifiniture degli strati e delle fessure. Decorazioni in stucco ondulate, eseguite con molta precisione, abbellivano la parte inferiore degli archi delle finestre.
Ali Shah fu l’architetto del mausoleo di Oljaitu e della cittadella di Shanb Qazan di Tabriz. Contemporaneamente al mausoleo, egli costruì anche la moschea del Venerdi di Tabriz, i cui lavori iniziarono nel 1313 e terminarono nel 1324. Questa moschea è caratterizzata da grandi dimensioni volute sin dall’inizio da Ghazan. Essa è il più solido palazzo a mattoni ancora oggi in piedi. La sala di preghiera ha le misure di 30×50 metri e la distanza tra il portone d’ingresso e il mihrab è di 65 metri. La base dell’arco, che è alto 45 metri, comincia a 25 metri dal suolo, e vi sono un paio di minareti la cui base era allo stesso livello di quella dell’arco e l’altezza dal suolo di circa 60 metri. L’ingresso dell’iwan conduceva ad un cortile delle misure di 228×285 metri in cui il suolo era rivestito interamente di marmo, mentre i muri erano costruiti in pietra. Il cortile era circondato da arcate in pietra e da colonne robuste color giallo oro. La porta più grande, di 9 m², era stata ricavata da un blocco unico di pietra limata ed era visibile anche da lontano, mentre le altre porte erano fabbricate in legno e rivestite e rinforzate da piastre metalliche. Le sale e gli iwan erano rivestiti con piastrelle di maiolica intarsiate. Il perimetro superiore del monumento era costituito da grandi epigrafi scritte in giallo su un fondo dipinto con fiori e piante. Ugualmente grandioso era l’interno dell’edificio.Una mihrab rivestito da piastrelle di maiolica smaltate di giallo, le colonne di bronzo rivestite d’oro e d’argento, le finestre reticolate con al di sopra cupolette di bronzo, le lampade di cristallo intarsiate d’argento nella grande sala di preghiera, formavano un insieme grandioso e magnifico. Il grande arco dell’edificio crollò dopo qualche anno e non venne restaurato, ma l’edificio stesso continuò ad essere usato per molti secoli. Dopo la costruzione di questo monumento, centinaia di artisti artigiani di Tabriz andarono in tutte le regioni del paese per costruire altri edifici con lo stesso tipo di architettura grandiosa.
Il mausoleo di Bayazid Bastami fu costruito per ordine di Ghazan e di Oljaitu nel XIV secolo. In questo monumento si trova un insieme di costruzioni non omogenee che comprendono alcune opere del IX secolo, un minareto dell’anno 1201, una torre semplice, nello stile della torre di Gonbad-e Qabus, ma ancora più semplice, dell’anno 1301, un interessante mihrab con decorazioni in stucco dell’anno 1268 ed infine alcune cornici con decorazioni in stucco molto raffinate.
Nella città di Natanz fu costruito un complesso simile a quello di Bastam, ma più omogeneo e molto più bello. Natanz è delle città montuose più rilassanti dell’Iran. Essa, grazie al suo gradevole clima di montagna, è diventata un luogo di riposo per le popolazioni delle città di Yazd e di Kashan e a volte ci si va anche da Isfahan per la caccia ed il divertimento. Natanz è abbellita da un insieme di palazzi e monumenti religiosi collegati tra di loro. In alcuni casi si nota che il muro di uno dei palazzi è collegato alla struttura di un altro, mentre i componenti e gli elementi dei palazzi sono del tutto separati e distinti.
La moschea del Venerdi a quattro iwan è datata 1205-10, e alcuni indizi dimostrano che questa moschea fu costruita sul posto di un monumento ancora più antico. La moschea piccola, disordinata e confusa e con delle proporzioni quasi improprie, dovute alla piccola dimensione delle fondamenta, possiede pienamente le caratteristiche dell’epoca ilkhanide, ad eccezione del fatto che non ha molte decorazioni. Il centro spirituale di questo complesso religioso è costituito dalla tomba di Abu Samad costruita nel 1308. La stanza comprendente la tomba è di 18 m², molto bella e con un’atmosfera mistica. Sopra la stanza vi è una cupola ottagonale, rivestita con piastrelle di maiolica color azzurro chiaro che contrastano con quelle del minareto, alto 37 metri, dipinto di colore giallo.Un’epigrafe, lavorata in gesso, molto sottile e di color grigio e un’altra opera lavorata in gesso e di forma rotonda coprono la colonnetta. Le pareti sono abbellite da alcuni archi aventi in totale hanno dodici parti verticali che terminano nelle cornici dipinti del soffitto. La luce naturale introdotta da otto finestre viene schermata da una doppia grata creando all’interno una gradevole penombra. La luce esterna non batte direttamente sui fedeli in preghiera, bensì dà un’ illuminazione sospesa nello spazio. La parte inferiore della stanza all’inizio venne rivestita da belle piastrelle di maiolica color oro che terminavano in un mihrab di meraviglioso splendore. Attualmente esso è custodito nel museo Victoria & Albert di Londra. Il monastero adiacente, che fu costruito nel 1317, ora è rovinato e ne è rimasta una facciata che è una delle più belle opere architettoniche iraniane. La varietà dei disegni ornamentali, il rilievo e l’evidenza delle piastrelle di maiolica di color turchese sono un bellissimo esempio dell’arte di questo periodo. La forma di mezzaluna al di sopra dell’ingresso è alta, grandiosa e bellissima e perimetralmente è ornata con i disegni della luna piena. L’edificio principale del monumento, al contrario di altri che sono ornati con disegni islimi di fiori e pianticelle o di forme geometriche, ha un motivo canestrato che ricorda il mausoleo di Amir Ismail. Altri ornamenti del palazzo sono : un rivestimento eseguito con mattoni smaltati, cerchi intrecciati tra di loro e altre forme geometriche ornate perimetralmente, alcune cornici in caratteri cufici con delle fasce in calligrafia naskh. I gushvare, le nicchie e le cornici secondarie sono anch’esse decorate magnificamente, e tutto l’insieme del monumento ispira un’armonia particolare.
Agli inizi del XIV secolo, anche la città di Varamin, come Natanz, divenne il centro di nuove costruzioni architettoniche, perché la città di Ray fu rasa al suolo durante le prime aggressioni dei Mongoli. Nel 1288 fu costruito il mausoleo di Ala ad-Din, molto simile ai mausolei del nord, che aveva 32 lati verticali, una cupola conica rivestita con piastrelle di maiolica, un’epigrafe con delle profonde incisioni ornmentali e una cornice perimetrale sul tetto costruita con piastrelle di maiolica azzurre e terracotta. Nel 1308 fu costruita la moschea Sharif, oggi completamente distrutta, e nel 1322 venne costruita la moschea del Venerdi. I lavori di edificazione di questa grandiosa moschea terminarono nel 1327 durante il regno di Abu Said, l’ultimo sovrano ilkhanide. Essa fu progettata con la massima precisione. Le dimensioni ben proporzionate e precise dimostrano che l’architetto era un profondo conoscitore dell’estetica e della matematica. La moschea, pur nella sua modestia, evidenzia diversi stili decorativi che comprendono bellissimi decori ottenuti con file di piastrelle di maiolica di color azzurro, inframmezzate da pezzi di terracotta di color giallo chiaro, dipinti di fiori e piante e le ombre dei mattoni sporgenti. Le epigrafi della moschea, in caratteri cufici e naskh hanno forma scanalata. Sulle basi rivestite di gesso, sono presenti sottili strisce eseguite con precisione. L’interno della sala, in stile selgiuchide, è suddiviso in 3 sezioni distinte: la sezione dei 4 archi, la sezione della modifica del quadrato multilaterale e la sezione della cupola, ossia ciò che all’epoca degli Ilkhanidi fu sostituito con delle cornici verticali e con delle costruzioni a forma di mezzaluna, che scaricavano il peso della cupola direttamente a terra. Questo palazzo si distingue da altri monumenti del periodo ilkhanide grazie alla perfezione della pianta a quattro iwan e alla sua eccellente compatibilità con le altre parti del monumento e con l’intero complesso. L’armonia è tale che l’attenzione del visitatore si sposta in maniera del tutto naturale e diretta, dall’ingresso esterno alla punta del mihrab e quindi alla cupola, la quale domina, con tutta la sua grazia ed eleganza, l’intero monumento. Un’epigrafe posta sulla parete riporta il nome di Ali Qazvini come architetto del monumento.
Tra i monumenti pregiati ma un poco modesti di questo periodo, si deve nominare il mausoleo di Pir-e Bakran, in prossimità di Mobarakeh (Isfahan), il quale fu costruito nel 1304 e successivamente restaurato nel 1313. Il palazzo è a iwan singolo, nello stile di Taq-e Kasra. La decorazione del monumento consiste in un rivestimento con sottili piastrelle di maiolica di colore azzurro e turchese e mihrab decorati a stucco. La data di queste decorazioni è il 1304 che coincide esattamente con l’anno di costruzione del mihrab di Oljaitu nella moschea del Venerdi di Isfahan. L’artista del mihrab del mausoleo è Mohammad Shah, figlio di Mahmud Shah il pittore di Kerman che progettò e costruì anche il pulpito della moschea Atiq di Nain. In questo mihrab non si vede la raffinatezza di quello di Oljaitu, però le sue lavorazioni in gesso hanno un forte aspetto mistico-spirituale, che eleva l’uomo sospeso in diverse direzioni dello spazio.
Anche la moschea del Venerdi di Yazd, secondo un’antica tradizione, comprende un insieme di monumenti e palazzi costruiti in periodi diversi. La moschea fu edificata al posto di un tempio del fuoco e durante il regno dei Safavidi ebbe grande potere e ricchezza. Il suo splendore iniziò nel 1335 e durò circa 50 anni. L’iwan dell’ingresso, con il soffitto a forma d’arco, conduce al cortile e, al contrario dello stile tradizionale delle moschee dotate di iwan, non si trova nella direzione opposta alla sala di preghiera. La sala è molto alta ed il minareto di questa moschea è il più alto dell’Iran. Uno degli archi dell’iwan è alto fino al di sotto della cupola. Il mihrab posto sotto la cupola ha una bellissima decorazione di piastrelle di maiolica la cui data di costruzione è l’anno 1366. Ai suoi due lati vi sono delle stanzette che hanno degli archi confinanti: questa fu una delle invenzioni dell’epoca sasanide che venne applicata nella costruzione di questa moschea dopo circa mille anni. L’iwan e la grande sala hanno un movimento verticale verso l’alto. L’arco dell’iwan, a forma di X, è costruito molto alto a causa della propria larghezza. Il suo movimento verso l’alto è rafforzato tramite delle colonnette di cui l’altezza, a tratti, è cento volte i loro diametri.
Un’altra moschea, costruita nela stessa epoca e quasi dello stesso stile, è la moschea del Venerdi di Kerman. Costruita nel 1350 e resturata nel 1560, è un edificio a quattro iwan con un portale ad arco molto alto, quasi simile a quello della moschea di Yazd. Le piastrelle di maiolica, intarsiate e colorate, sono di ottima qualità.
Un altro monumento che potrebbe essere considerato un buon esempio della produzione architettonica di quel periodo è un mausoleo nella città di Tus nel Khorasan che presenta somiglianze sia con il mausoleo di Sultan Sanjar (è progettato e costruito un corridoio al secondo piano al fine di contenere la pressione della cupola sull’edificio) sia con il monumento Jabal Sang di Kerman del dodicesimo-tredicesimo secolo, oltre a possedere alcune caratteristiche dell’architettura sasanide. In esso si vedono anche dei particolari applicati nel Gonbad-e Soltaniyeh. I solchi verticali danno una sensazione di enorme forza alla facciata del palazzo , una particolarità già applicata nel monumento di Sultaniyeh. Le cornici lavorate in gesso di questo monumento ricordano il mausoleo di Bayazid Bastami, ma qui non ci sono decorazioni colorate o piastrelle di maiolica ed i muri sono tutti imbiancati col gesso. Le misure dalle proporzioni regolari, l’ordine a multiplo di 3 in tutte le parti dell’edificio (una particolarità sasanide), le pareti e le larghe incorniciature delle 4 facciate ad arco, la mancanza dei gushvare ecc., sono tutti fattori che creano una sensazione di solidità e di quiete.
Dopo la morte di Abu Saiid, l’ultimo regnante ilkhanide, nel 1336, nonstante la confusione, la guerra civile e le lotte tra i governatori locali, la tradizione architettonica continuò, in particolare nelle zone centrali del paese, tra cui nei dintorni della città di Qom, ove vi sono circa 15 mausolei a torre, il più importante dei quali è il mausoleo di Ala ad-Din dell’anno 1391 che è un bellissimo esempio di questo genere di monumenti. Essi sono spesso ottogonali, le pareti sono inclinate verso l’interno, le cupole sono coniche o multilaterali. Le superfici interne delle cupole sono ornate con piastrelle di maiolica, belle ed intarsiate, con incisioni oppure con decorazioni in gesso. Alcune di esse, specialmente quelle colorate, ricordano le decorazioni di Sultaniyeh.
L’architettura ilkhanide dell’Iran ha una particolare connessione con l’architettura selgiuchide, persino in alcuni casi come il monumento di Gonbad-e Alaviyan: la ricognizione precisa del periodo della sua costruzione è alquanto difficile. L’architettura ilkhanide è però molto più leggera di quella selgiuchide ed ha forma più bella. Nei monumenti ilkhanidi, le dimensioni degli elementi sono in scala più grande ed è maggiore l’evolversi del colore sulla facciata. L’arte d’intarsio delle piastrelle di maiolica in questo periodo giunge all’apice del suo splendore e pur essendo molto difficile da eseguire, in quanto richiede molto tempo, pazienza e precisione, l’artista iraniano riesce ad eseguirla magistralmente. In questi monumenti la cupola occupa generalmente ⅔ dell’edificio e si adatta, con una particolare grazia, al resto del monumento. In questo periodo serie problematiche edilizie si affrontarono e si risolsero molto meglio del periodo selgiuchide. Gli archi confinanti si perfezionarono a Yazd e Isfahan e la lavorazione in mattone trovò la propria perfezione. Gli iwan diventarono alti e larghi ed i minareti dell’ingresso vennero costruiti in coppia e più vicini tra di loro. Le colonnette e le facciate ad arco aumentarono di altezza, i cortili furono ristretti e la pianta a quattro iwan si perfezionò.
La decorazione nel periodo ilkhanide
Come si è detto nelle pagine precedenti, la presenza del colore o di rivestimenti colorati, segnò una svolta particolare nei monumenti ilkhanidi, al punto che essi si sostituirono gradualmente alle decorazioni in stucco. Le piastrelle di maiolica colorate, che all’inizio furono quasi solamente di colore turchese, variarono di colore, includendo anche i colori azzurro, nero e giallo. Nel mausoleo di Oljaitu, le decorazioni di piastrelle consistono in intarsi o in piastrelle, smaltate e tagliate secondo un disegno già preparato, posate le une accanto alle altre per evidenziare il disegno stesso sul muro. Per quanto riguarda la decorazione ad ntarsio si procedeva cosi: prima si tracciava su fogli di carta il disegno desiderato e la combinazione in misure reali, considerando gli spazi e le dovute distanze tra i pezzi che dovevano essere riempiti nelle fasi successive. Poi si bucavano, in successione, perimetralmente i vari componenti del disegno, quindi si metteva il disegno su uno strato di gesso steso per terra e si spargeva sui buchi la polvere di carbone o di color rosso. Così il disegno si trasmetteva dal foglio di carta sul gesso nella forma punteggiata e poi attraverso quei puntini, si rifaceva il disegno sul gesso. Dopo di che si tagliava a pezzi il disegno sul foglio di carta e questi dovevano essere evidenziati nell’intarsio di piastrelle di maiolica, poi le piastrelle andavano tagliate secondo i pezzi del disegno. I pezzi di maiolica si sistemavano sopra il disegno riportato sullo strato di gesso e poi si riempivano gli spazi e le suture tra i pezzi con un adesivo; dopo che era diventato asciutto, l’insieme delle maioliche attaccate al gesso veniva attaccato sul muro con lo stesso materiale adesivo, che poteva essere calcestruzzo. Questa operazione è simile a quella per la fabbricazione delle finestre dai vetri colorati dell’arte romanica e gotica in Europa. Ma non è precisamente chiaro se gli europei, in particolare i francesi li avessero appreso dall’Iran oppure fosse stata una loro invenzione. È certo che ambedue i metodi nacquero nello stesso periodo ed è molto poco probabile che gli Iraniani fossero stati a conoscenza del metodo francese della fabbricazione dei vetri colorati o viceversa che i Francesi avessero conosciuto il metodo iraniano dell’intarsio delle piastrelle di maiolica.
Lo stile del lavoro è differente nel complesso del mausoleo di Bayazid Bastami nella città di Bastam. Le piastrelle di maiolica impiegate nel grande iwan d’ingresso o in quello della sala della tomba sono di colore turchese, ma non sono lavorate col metodo d’intarsio, bensì sono a forma di sottili mattoni dipinti. In questo metodo prima si dipinse e incise il disegno interessato sui mattoni quadrangolari, quadrati o rettangoli, e dopo averli colorati, si lucidò la superficie con lo smalto. Le decorazioni ottenute con le piastrelle di maiolica colorate non sono molte e ne è rimasto qualcosa sopra il grande ingresso del monastero; queste piastrelle di colore turchese sono simili a quelle del monumento di Sultaniyeh, mentre qui sono più in vista le decorazioni in gesso. Il sepolcro dello Shaykh Abd os-Samad, che è annesso alla moschea, è ornato con delle belle moqarnas ed un’epigrafe lavorata in gesso e dipinta a motivi floreali. Questo sacrario aveva in precedenza un mihrab decorato con piastrelle di terracotta, che er il vanto della famiglia Abu Taleb Kashani, ma scomparve dopo la fine del dicianovesimo secolo e non si sa in quale museo o in quale collezione artistica privata sia conservato!
Nel bellissimo palazzo del mausoleo Imam zadeh J’afar di Isfahan, costruito 15 anni dopo quello di Oljaitu, sono impiegati due colori, azzurro scuro e azzurro chiaro su un fondo bianco puro, che hanno dato vita ad un vero capolavoro. Lo stile architettonico di questo monumento è simile a quelli della città di Maragheh, ossia è dotato di una torre alta ed una sola stanza decorata con un intarsio di piastrelle di maiolica colorate. L’opera d’intarsio di questo palazzo è molto preziosa sia tecnicamente che esteticamente. Il metodo di lavorazione era sconosciuto nel periodo selgiuchide. Ma dopo la sua esecuzione in questo monumento, venne rapidamente accolto con favore e continuò fino al tempo del regno dello Shah Abbas. La data di lavorazione di intarsio è l’anno 1327.
Due altri bei monumenti di questo periodo, costruiti da Abol Hasan Talut Damghani ad Isfahan, sono la madrasa Imami del 1321-1341 (costruito per il sapiente ed il capo religioso dell’epoca Mohammad Baba Kazem Isfahani) e il mausoleo di Imam Zadeh Kazem vicino alla madrasa, del 1342. Nelle decorazioni della madrasa Imami sono impiegati i colori turchese, azzurro e bianco, mentre è stato aggiunto anche il giallo in quelle del mausoleo. La data della decorazione della madrasa è differente dalla data di costruzione. Queste decorazioni terminarono durante il periodo dei Mozaffaridi all’epoca del regno dello Shah Mahmud, tra gli anni 1358-74, in contemporanea alla costruzione della madrasa adicente alla moschea del Venerdi di Isfahan.
Nell’Iran nord-orientale, nel leggendario paese di Turan, la decorazione edilizia ebbe un’importanza particolare e fu ben nota l’influenza del mausoleo di Amir Ismail. La decorazione a volte fu considerata talmente importante da sostituirsi alla forma edilizia. Le opere ornamentali furono così meravigliose da oscurare ed addirittura mettere in secondo piano la struttura del monumento, quasi come avvenne nel XVII secolo nel Barocco europeo. Ad ogni modo, queste decorazioni hanno un’attrazione singolare e furono eseguite in base a tutti i migliori principi. Le opere ornamentali ebbero una celebrità particolare durante il regno di Tamerlano.
Tamerlano ed i suoi successori
Tamerlano
Nella seconda metà del XIV secolo, ancora una volta, un mongolo sanguinario e distruttore, approfittando della confusione e dei tumulti politici dell’Iran, attaccò violentemente il territorio del paese. Tamerlano, nell’anno 1395, si spinse fino al cuore dell’Iran. Nuovamente molte città vennero rase al suolo e tanta gente venne massacrata. Così terminò il XIV secolo che era iniziato nel segno della ricostruzione e dell’edificazione di palazzi bellissimi e grandiosi, cercando di dimenticare le memorie delle devastazioni perpetrate dai Mongoli durante la loro prima invasione. Molti di quei monumenti grandiosi costruiti con immensa fatica vennero completamente distrutti. Tamerlano, come i suoi predecessori mongoli, fu spietato e sanguinario, ma le sue distruzioni furono minori di quelle di Chengiz Khan. Egli preservò dalla distruzione tanti luoghi sacri e mostrò interesse per i palazzi grandiosi.
Tamerlano fece deportare molti artisti ed artigiani da ogni città e località occupata alla volta di Samarcanda, la sua capitale. Così, dopo l’occupazione di Shiraz, deportò in ostaggio 200 tra architetti, artisti e artigiani a Samarcanda al fine di creare delle opere anche in quella città. È per questo motivo che si dovrebbe visitare la regione del Grande Khorasan, dove si trovano i più bei monumenti e le più grandiose opere di decorazione del periodo timuride.
Nel XIV secolo, l’architettura iraniana era basata sulle tecniche e le innovazioni dell’era selgiuchide che aveva raggiunto una perfezione senza precedenti grazie ad esse. I discendenti ed i successori mongoli e timuridi, continuarono utilizzando lo stesso metodo. D’altro canto i successori di Tamerlano generalmente incoraggiarono gli artisti e promossero la cultura iraniana. Fu in questo periodo che l’arte iraniana trovò un nuovo splendore e una nuova espansione.
Tamerlano, per costruire importanti monumenti nella sua capitale, Samarcanda, che voleva far diventare degna della sua fama e delle sue conquiste, fece deportare, come abbiamo detto prima, gli architetti e gli artigiani esperti nella lavorazione e nella decorazione delle piastrelle di maiolica dall’Iran centrale, dal Fars, dall’Azerbaijan e persino dalle città di Baghdad e di Damasco, fino a quella città, prendendo al proprio servizio dall’India gli scalpellini e gli artigiani della squadratura della pietra. Egli fece così costruire a Samarcanda una grande moschea senza eguali nel mondo. Questa aveva una grande sala da preghiera con 260 colonne ed un minareto ad ogni angolo e sopra il palazzo una cupola di marmo lucidato; tuttavia il monumento non gli piacque ed egli ordinò che l’architetto venisse ucciso.
Nel 1346-47, Tamerlano costruì un grande palazzo a Kash, sua città natale. Kolavikhu, uno storioco dell’epoca che visitò il palazzo sessant’anni più tardi, mentre i lavori di costruzione erano ancora in corso, descrisse il progetto e la pianta del monumento come una novità senza precedenti. La facciata era a tre porticati e ricordava il palazzo di Arteserse a Firuzabad. Le sale di ricevimento si riconducevano, in un angolo retto, all’iwan d’entrata. L’altezza dell’arco dell’iwan era di 50 metri e ai suoi due lati furono eretti due minareti con la base a dodici lati. L’iwan centrale conduceva ad un cortile di larghezza di trecento passi d’uomo, rivestito di marmo e al lato opposto c’era un grande iwan che si apriva su una grande sala di ricevimento di cui le pareti ed il soffitto furono rivestiti con le piastrelle di maiolica nei colori giallo ed azzurro, dorate ed intarsiate ed in diversi punti c’erano delle opere lavorate in gesso e stuccatura. Il palazzo posteriore aveva dei corridoi e numerose stanze su sei piani, tutte rivestite con piastrelle di maiolica dorate. Dietro la sala di ricevimento c’era un grande muro rivestito, in tutta la sua bellezza, con piastrelle di maiolica intarsiate e nei colori azzurro, turchese, bianco, cioccolato, verde e marrone giallastro. Al fine di evitare che la varietà e l’alto numero dei disegni e dei dipinti rendessero insopportabile il monumento, un preciso disegno geometrico perimetrale coordinava in base a proporzioni precise, la molteplicità dei disegni e dei dipinti. Le cornici rettangolari, fatte con piastrelle di maiolica intarsiate, in disegni e misure differenti, erano dipinte perimetralmente con fiori e piante, e scritte a forma di bassorilievo furono installate simmetricamente sulle pareti. Per quanto concerne le misure e le dimensioni delle cornici, i loro luoghi di collocazione furono precisamente calcolati e definiti in relazione alle misure e alle grandezze generali del monumento. Una larga cornice ornata con incisioni a caratteri cufici aumentava il prestigio del monumento e la concentrazione dei grandi disegni in posti particolari e la loro simmetria rendeva più leggere le decorazioni. Il complesso fu costruito in mezzo a giardini di frutta e ad un vastissimo prato.
Dalla descrizione del monumento, del grande iwan e della sua altezza, del muro posteriore, dei sei piani ecc, si evince chiaramente che l’architetto aveva preso come modello il palazzo di Shapur a Ctesifonte, sostituendo gli ornamenti lavorati in gesso con le piastrelle di maiolica intarsiate. È certo che un monumento così grandioso non era mai stato costruito prima nei territori dell’altopiano iranico, fin dalla conversione dell’Asia Centrale ed Occidentale all’ Islam. Ciò dimostra il genio ed il talento degli Iraniani nei campi dell’estetica e dell’architettura. Di questo palazzo attualmente non rimane nulla eccetto un’enorme rovina in cui sono ancora visibili degli splendidi colori.
Un altro grandioso monumento del periodo di Tamerlano è la moschea Bibi Khatun a Samarcanda, la cui costruzione iniziò nel 1399 e terminò nel 1405. Questa moschea della quale attualmente sono rimaste solo rovine, secondo i racconti di Kolavikhu, era il più splendido monumento di Samarcanda; aveva un ingresso ad arco di 40 metri di altezza e 17 metri di larghezza che conduceva ad un cortile delle dimensioni di 90×60 metri, oltre ad otto minareti e tre cupole rivestiti di mattoni dorati.
Il sepolcro di Tamerlano è una delle opere architettoniche dell’epoca che fu costruito nel 1405 ed è tutt’ora considerato un’opera grandiosa dell’architettura storica di Samarcanda. Questo monumento ha una sala ottagonale, una cupola con sessantaquattro fessure sporgenti, poggiata su una base cilindrica. Vi sono quattro portoni d’entrata da quattro direzioni principali, il che dimostra che l’architetto aveva presente i palazzi sasanidi. D’altro canto la forma della cupola con delle fessure fu imitata dallo stile architettonico delle cupole di quell’epoca e lo dimostra la poesia composta a proposito dell’antica cupola del mausoleo di Shah Cheragh a Shiraz che dice:
pioggia di luce scende da questa cupola
sin dalla porta della nuova moschea alla porta di Shah Cheragh!
La cupola è rivestita da piastrelle di maiolica color azzurro chiaro e la sua base alta e lunga è ornata da un’epigrafe in caratteri cufici e costruita con mattoni gialli brillanti. L’arte dell’ “estetica del contrasto” , che fu un particolarità del XIV secolo, è ben evidente sia all’esterno che all’interno del palazzo. I basamenti di marmo delle colonne, la cornice costruita con pietra di giada nei colori grigio e verde, alcuni archetti fatti di calcestruzzo nero ed infine la balaustra di marmo, completano le decorazioni del monumento. Nel 1456 Elegh Beg fece aggiungere al palazzo un ingresso costruito da ottime piastrelle di maiolica intarsiate. Questo ingresso fu opera di Mohammad ibn Mahmud Esfahani.
Nel territorio attuale dell’Iran non è rimasta un’opera degna di nota del periodo di Tamerlano. Egli si occupò di più della zona del Khorasan settentrionale, ossia delle regioni intorno al fiume di Jeyhun, Marv, Bukhara e specialmente della città di Samarcanda, sua capitale. Per questo motivo parleremo separatamente dell’arte di queste regioni. L’arte di questa parte del Grande Iran, che attualmente è conosciuta con il nome di Asia Centrale, è un’arte iraniana, in quanto le sue basi sono state gettate dai Samanidi e dai Khwarezmasha, e durante il regno dei Selgiuchidi è stata perfezionata, giungendo all’apice nel periodo di Tamerlano ed i suoi successori grazie agli artisti delle città di Shiraz e Isfahan.
Lo splendore del periodo di Shahrokh
Dopo la morte di Tamerlano nel 1406, salì al potere nella città di Herat suo figlio Shahrokh. Egli occupò nel 1408 la regione oltre fiume di Jeyhun, estendendo il proprio regno su tutto il Khorasan, Kabol ed Herat ovvero l’Iran orientale. Ad Herat egli costruì una madrasa e la mossalla, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1391 e terminarono nel 1438. Shahrokh al contrario del padre, fu un sovrano pacifico e sostenitore dell’arte. La grande madrasa fondata da lui ad Herat era simile ai bellissimi monumenti costruiti da Tamerlano a Samarcanda. Le dimensioni del cortile della madrasa era di 105×57 metri. L’edificio aveva qualche cupola ed otto minareti, di cui sei sono rimasti in piedi. La parte superiore di essi è affrescata e le basi sono di marmo. Accanto alla madrasa c’è il mausoleo di Goharshad, moglie di Shahrokh. Questo monumenti sono ornati con belle piastrelle di maiolica intarsiate e sono per lo più dipinti con disegni geometrici.
La madrasa di Khargard, un’altra opera architettonica di quell’epoca, i cui lavori di costruzione finirono nell’anno 1445, è un monumento unico e compatto e fu progettata da Qavam e Qias ad-Din Shirazi. L’edificio ha le dimensioni ben proporzionate di una madrasa a quattro iwan. Il cortile è quadrato con degli iwan della stessa altezza, di cui quello d’entrata è a forma di tre archi al di sopra dei quali c’è una cupola. Questo monumento è ornato con degli affreschi, dei dipinti, delle epigrafi lavorate in gesso e da alcune moqarnas intrecciate tra loro. I rivestimenti dei muri del cortile con piastrelle di maiolica intarsiate, si presentano particolarmente ricchi nel disegno e nell’esecuzione. La facciata è bassa e larga con un ingresso molto grazioso. Le pareti laterali dell’ingresso sono a forma di archi appuntiti che si collegano a delle torri basse. L’intera facciata del palazzo ha una forma orizzontale ed estesa, il che è una novità nell’architettura timuride (o gurkanide).
Il monumento del mausoleo di Shams ad-Din a Yazd, un’altra opera del periodo, è ornato con decorazioni in gesso dipinte. I disegni geometrici a forma di rombo, come si vedono nelle decorazioni con piastrelle di maiolica dei palazzi timuridi a Samarcanda, costituiscono gli ornamenti marginali dell’ingresso.
Tra gli altri monumenti appartenenti al periodo del regno di Shahrokh, si possono citare: il mausoleo di Torbat-e Shaykh-e Jam, dotato di un alto portale e di una cupola bassa; il mausoleo di Khajeh Abdollah Ansari, restaurato da Shahrokh nel 1429; la moschea Kali nella città di Torbat-e Jam.
La moschea Goharshad di Mashad è il più grandioso monumento storico del periodo di Shahrokh e fu costruita nel 1419 accanto al santuario dell’Imam Ali ibn Musa ar-Reza (la pace su di lui). L’ingresso del monumento è nello stile proprio di Samarcanda, ossia un arco che conduce ad un altro arco, che era lo stesso stile degli architetti di Shiraz, in cui un certo numero di sporgenze e profondità nella parte superiore degli archi, conferiscono maggiore solidità e potenza al monumento. I minareti laterali dell’ingresso sono poco più robusti di quelli costruiti all’epoca dei Selgiuchidi e degli Ilkhanidi. I minareti, le pareti ed i peristili sono rivestiti da bellissime piastrelle di maiolica intarsiate e smaltate in diversi colori come azzurro, turchese, bianco, verde chiaro, giallo zafferano, giallo biondo e nero ebano. I disegni sono geometrici, con una varietà particolare e sono armonizzati con la pittura floreale. La cupola è cosi grande che è visibile anche da una grande distanza. Le decorazioni del monumento sono progettate con grande maestria in modo tale da evitare la monotonia ed il contrasto. Ciò costituisce una delle caratteristiche estetiche del monumento, resa possibile grazie all’armonizzazione tra la pittura floreale, i diversi disegni geometrici, le sporgenze e le profondità dei peristili laterali e i corridoi aperti nel mezzo. L’iwan della grande sala di preghiera è tutto bianco mentre gli altri tre sono ornati con epigrafi in caratteri cufici, di colore turchese chiaro con l’ombra in bianco e di colore verde sul fondo rosso. Nella decorazione del cortile della moschea sono usati vari stili decorativi degni di essere ammirati. Lo stile architettonico del monumento, come la maggioranza dei monumenti del periodo timuride, era quello dell’Iran meridionale, ovvero lo stile di Shiraz. L’architetto della moschea Goharshad fu Qavam ad-Din Shirazi, il quale costruì il maggior numero di monumenti dell’epoca di Shahrokh.
Pope sostiene: “Anche se la maggior parte dei monumenti timuridi furono costruiti nel nord del paese, il genio ed il talento architettonico e ornamentale furono esclusiva delle regioni di Shiraz e di Isfahan”. I migliori progettisti ed artigiani dell’ovest, del centro e del sud dell’Iran furono assunti al sevizio dei Timuridi, arricchendo dal punto di vista architettonico, anche l’est ed il nord del paese, ma dopo il domino di Jahan Shah Qaraqoyunlu nelle regioni occidentali, meridionali e centrali dell’Iran, la città di Isfahan riuscì a superare le altre città iraniane nel campo dell’decorazione con piastrelle di maiolica intarsiate.
Anche la zona riservata allo Shah, dell’anno 1448 nella moschea del Venerdi di Isfahan, progettata da Sayed Mahmud Nami, potrebbe eguagliare le opere eseguite nella regione del Khorasan, ma non per quanto riguarda il colore. L’arco dell’ingresso Darb-e Imam, dell’anno 1454, è una delle più belle opere d’architettura e di decorazione iraniana. La costruzione di questo monumento iniziò all’epoca del regno dei Muzaffaridi e terminò durante il regno di Jahan Shah Qaraqoyunlu. Questo palazzo fu costruito sulle tombe di due discendenti del Profeta, Ebrahim Bathi e Zain ol-Abedin. I lavori dell’edificio terminarono nell’anno 1479. L’iwan principale, che era collegato al corridoio la cui entrata fu chiusa durante il regno dei Safavidi, è uno dei capolavori delle opere colorate dell’Iran. A questo proposito A. Godard scrive: “Le dimensioni di quest’opera sono calcolate con la massima precisione e la pittura e la distribuzione dei colori sono resi in tutta la loro bellezza; la qualità dell’opera è talmente perfetta che il visitatore ne rimane incantato e non prova un simile piacere nel vedere nessun’altra opera di quest’arte ad eccezione della moschea Blu di Tabriz, anch’essa costituita all’epoca di Jahan Shah. In realtà siamo di fronte ad un vero capolavoro.”
L’ingresso Darb Imam, il cui iwan citato era di fronte ad esso, era un’unica sala fino alla sua trasformazione in interno del mausoleo, all’epoca dello Shah Solayman. Il rivestimento esterno della cupola, che copre la sala principale del monumento, fu restaurato all’epoca sia di Shah Abbas il Grande che di Shah Solayman e durante il regno di quest’ultimo venne costruita una piccola cupola sopra l’iwan. È ancora rimasta una parte dell’epigrafe scritta dal calligrafo Reza Emami nel 1703.
La moschea Blu di Tabriz fu costruita quasi contemporaneamente al palazzo Darb Imam di Isfahan. Questa moschea è un capolavoro della ecorazione con piastrelle di maiolica colorate e dell’arte decorativa iraniana nel XV secolo. La moschea crollò nel 1466 durante un terremoto che distrusse la città di Tabriz provocando 70.000 vittime. Di questa moschea non è rimasto nulla eccetto qualche colonna, il muro esterno e la sua facciata che però versa in condizioni deprecabili. Questo monumento è una delle poche moschee interamente coperta, in quanto il clima freddo di Tabriz lo rendeva obbligatorio. La signora Dieulafoy, che visitò la moschea nel XIX secolo, scrive in un articolo che la facciata interna dell’arco d’ingresso era ornata con delle belle piastrelle di maiolica intarsiate con tale precisione e finezza da sembrare un unico pezzo. I disegni erano dei fiori intrecciati tra loro e non somigliavano a quelli geometrici dei periodi selgiuchide e ilkhanide. Vi era una tale sintonia tra i suoi colori azzurro chiaro, verde scuro, bianco, giallo paglierino e la pittura di colore azzurro scuro che allontanava la monotonia senza compromettere minimamente l’aspetto e la bellezza del complesso e fu per questo motivo che la moschea prese il nome di Kabud che in lingua farsi significa ‘blu’.
Da una porta bassa si entrava all’interno della navata ossia della sala da preghiera che era composta da due ampie sale e ricoperta da una grande cupola, ed intorno alle sale vi era un corridoio di collegamento. La prima sala era rivestita da piastrelle di maiolica intarsiate, i cui disegni sembravano sporgenti grazie all’impiego di mattoni azzurri rossastri, anche se non era tanto evidente dove erano state usate delle piastrelle uguali ed uniformi. La seconda sala invece, dove si trovava il mihrab, era ornata con piccoli mattoni azzurri tagliati a forma esagonale, perciò le piastrelle di colore azzurro scuro, dipinte perimetralmente di foglie e di fiori gialli, risaltavano con maggiore bellezza. La decorazione colorata dell’interno di una delle sale spiega come mai la moschea fu denominata “Masjed-e kabud” ovvero ‘Moschea blu’, che deriva dal colore che domina la decorazione di tutta la sala. Infatti ciò che la rendeva famosa come uno dei capolavori dell’impiego delle piastrelle intarsiate di maiolica, era la modalità di combinazione in essa di colori nuovi e vari. Colori come il marrone, il giallo paglierino, il verde viola ed il colore delle foglie secche erano combinati con armonia e compatibilità senza precedenti. Questi colori sono stati usati anche nella moschea Goharshad di Mashad, ma la loro uniformità è minore per il fatto che è stato impiegato il colore rosso naturale del mattone. Qui questo, in contatto con il colore azzurro del fondo, dà l’impressione del colore viola che non è tanto piacevole, mentre nella moschea Kabud di Tabriz i colori sono distribuiti più uniformemente e molto meglio ed inoltre il colore del mattone non è in contatto diretto con i colori delle piastrelle di maiolica e quindi la pittura appare più viva. L’architetto della moschea Kabud, come è riportato sull’epigrafe posta sopra all’ingresso, fu Nematollah ibn Mohammad Bavvab. Ai due lati della lunga facciata (di circa 50 metri), c’erano due torri rotonde con un minareto ciascuna che testimoniano lo stile timuride. La moschea aveva in totale nove cupole.
Anche la moschea del Venerdi di Isfahan fu completata durante il periodo del regno di Jahan Shah. Il suo ingresso, situato ad ovest del cortile, è a forma di bellissimo arco che è stato restaurato nei decenni scorsi. La data della decorazione è differente dalla data della costruzione di altri settori della moschea che furono costruiti all’epoca di Uzun Hasan Aq Qoyunlu. Durante il regno di Abol Mozaffar Rostam Bahador Khan, il nipote di Uzun Hasan, furono effettuati dei restauri generali sulla moschea; la data dei restauri, come riportato sull’epigrafe dell’iwan del lato sud dell moschea, è l’anno 1463 Le lavorazioni delle piastrelle di maiolica all’interno dell’iwan meridionale sono sporgenti e somigliano ai lavori d’intarsio della moschea Darb Imam.
In generale le decorazioni dell’epoca di Uzun Hasan sono più libere, più morbide, più varie e più innovative rispetto a quelle dell’epoca di Jahan Shah.
Di altre opere dell’epoca timuride rimaste dal XV secolo nell’Iran attuale, si possono citare le seguenti:
1) la moschea dello Shah dell’anno 1452 a Mashad, la cui cupola è più autentica e più completa di quella della moschea Goharshad. All’interno della cupola, una fessura ornamentale sporgente di colore verde sul fondo dai colori arancione chiaro e bianco, al di sopra della base, crea un aspetto meraviglioso
2) la madrasa “Do Dar“ (due porte) a Mashad che ha una cupola bellissima, più pronunciata di quella della moschea dello Shah. In essa si trova un’epigrafe sporgente, nello stile calligrafico persiano sols, posta a metà altezza e al di sotto di essa vi sono delle finestre verticali ed ornate, a cui le grate di legno donano un aspetto interessante e gradevole.
Le altre arti nel periodo degli Ilkhanidi e dei Timuridi
L’evoluzione delle arti diffuse in epoca sasanide continuò nei secoli successivi fino al X secolo, con gli stessi stili e metodi. Di questi periodi esistono pochi esemplari di tessuti, di tappeti, di piatti metallici dipinti, di vetri, di terracotta ecc., a volte accompagnati da disegni islimi e da epigrafi. Dall’XI secolo in poi, in particolare nel periodo dei Selgiuchidi, alcune di queste arti, compresa la lavorazione in metallo, acquistarono maggiore importanza e prestigio, con un impatto evidente in quasi tutto il mondo islamico. La metallistica dei Mamelucchi fu fortemente influenzata dall’arte iraniana dei Sasanidi e dei Selgiuchidi e nelle opere prodotte furono impiegati, con piccole differenze, gli stessi progetti, disegni e dipinti delle opere iraniane.
Tuttavia alcune delle arti sasanidi, dopo la vittoria dei musulmani sull’Iran, vennero abbandonate e dimenticate, tra queste la scultura, le incisioni ecc …, che incontrarono delle limitazioni da parte della religione mentre l’arte del vetro, della terracotta e del tessuto continuarono ad essere praticate. La numismatica continuò sino alla seconda metà del VII secolo, con i disegni sasanidi in aggiunta alle parole islamiche. Le prime monete interamente islamiche vennero coniate intorno al 702-3.
L’influenza dell’arte sasanide nei primi secoli dell’era islamica si fece sentire anche nell’Europa cristiana, addirittura fino all’XI e al XII secolo, tanto che gli affreschi della Cappella palatina di Palermo appaiono influenzati, come sostiene il francese Andrè Godard, dall’arte sasanide, e come conferma l’altro francese Roman Ghirshman: “Nei dipinti a rilievo degli ingressi delle chiese gotiche dei secoli tredicesimo e quttordicesimo, vi sono chiare imitazioni dell’arte sasanide.”
A Nishapur sono stati rinvenuti dei dipinti che risalgono ai secoli VIII e IX, ossia al periodo samanide. Attraverso un’analisi della letteratura iraniana degli inizi dell’epoca islamica scopriamo che, se le moschee, le madrasa, i monasteri ed i conventi erano privi di dipinti e di affreschi, nelle abitazioni private invece le pareti e le tende erano decorate con dipinti rappresentanti volti umani e animali.
Le poesie sulla natura dell’uomo e la primavera composte da Sa’adi, illustre poeta iraniano, sono un’ottima dimostrazione a questa tesi:
Se essere uomo vuol dire avere gli occhi, la bocca, le orecchie ed il naso
che differenza farebbe se il dipinto sul muro fosse in mezzo all’umanità.
Tutto questo dipinto strano e meraviglioso sulla porta e sul muro dell’esistenza,
chiunque non ci meditasse, sarebbe egli stesso come un dipinto sul muro.
Non ci sono giunte opere figurative degne di nota del primo secolo dell’era islamica, ma nei libri di storia e in quelli specialistici, artisti cinesi hanno parlato dei libri dipinti come Kalilah va Dimnah, durante il regno di Nasser ibn Nuh samanide. In verità fino al tempo di Tamerlano e dei suoi successori, le opere figurative e i dipinti subirono influenze straniere, soprattutto arabi e cinesi.
I libri decorati furono quelli scientifici come “Manaf’e ol-Heiwan” di Ibn Bakhtishui o quelli storici come “Jam’e ot-Tawarikh” di Rashid ad-Din che è dell’anno 1316 Le raffigurazioni del primo libro sono costituite da immagini di animali, di uccelli e piante, dipinte con la massima raffinatezza, ed in essi si nota chiaramente l’influenza dello stile cinese. Anche le immagini e i dipinti del secondo libro, ad eccezione di alcune immagini che ritraggono i volti dell’Imam Ali ibn Abi Taleb (la pace di Dio su di lui) e lo zio del Profeta, Hamzeh (la pace di Dio su di lui), che sono d’aspetto arabo, sono influenzate dallo stile della pittura cinese.
Così sono pochissime le opere dell’epoca degli Ilkhanidi in cui domina la componente iraniana, mentre notiamo che durante il regno di Tamerlano e dei suoi successori, i quali malgrado le guerre e le aggressioni sanguinose avevano in grande considerazione l’arte, la componente “iranica” ritrovò il prestigio e la superiorità e, ad eccezione dei volti che conservarono tratti mongoli, il resto dei componenti dell’immagine, il metodo di combinazione e l’uso della geometria di base sono completamente iraniani e non dimostrano alcuna influenza straniera.
Durante l’epoca dei Timuridi ci furono contemporaneamente tre scuole o meglio tre correnti artistiche: la scuola di Baghdad o la corrente Jalayeri, che faceva capo al noto pittore Jonaid Soltani; la scuola di Tabriz che, insieme a quella di Baghdad, erano all’apice della fama e del prestigio alla fine del XIV secolo, e la scuola timuride di Samarcanda. La maggior parte delle opere dipinte secondo lo stile di questa scuola è costituita da libri d’astrologia e da raccolte di poesie di poeti famosi come Khajavi Kermani, Hafez e Nezami, in particolare la storia di Homay e Homayun opera di Khajavy Kermani, il cui testo è scritto dal calligrafo Mir Ali Tabrizi e le pitture sono opere di Jonaid Soltani.
Nelle opere di questo periodo, che segnarono l’inizio dello stile di Herat, i colori sono più forti, accesi e puri e si producevano macinando pietre preziose di vari colori come lapislazzulo, topazio, zaffiro, rubino e ambra ed anche l’oro, che hanno il pregio di non modficarsi. Questo metodo di colorazione forte e puro era molto diffuso nelle opere appartenenti allo stile di Shiraz degli ultimi anni del XIV secolo e gli inizi del XV secolo. La copia del libro dello Shahnameh di Ferdowsi, trascritto nel 1397 dal calligrafo Lotf ad-Din Yahya ibn Mohammad, che ora appartiene alla biblioteca nazionale d’Egitto, ed un’altra copia dello stesso libro, trascritto nel 1401, ed attualmente appartenente alla collezione dell’inglese Chester Beatty, furono ambedue dipinte a Shiraz. Questi dipinti sono puri ed autentici e differenti dalle opere delle scuole di Jalayeri e di Tabriz e si può dire che nella scuola di Shiraz, l’impatto straniero fu ridotto al minimo. In queste opere le proporzioni nei colori sono notevoli ed i disegni sono più precisi e ricchi di novità.
La varietà nel colore e nella composizione delle immagini, che non sono tanto gradite agli occidentali, costituisce una delle caratteristiche dell’arte iraniana. Questo fatto da quel periodo in poi, venne imitato come una tradizione continua, nei secoli quindicesimo e sedicesimo dagli artisti iraniani e persino da quelli indiani ed ottomani. Quindi si può coraggiosamente dire che il sostegno e l’attenzione dei Jalyiridi alla pittura e ai colori autentici, riveste una tale importanza tanto che si potrebbe considerarla una rivoluzione nella pittura iraniana dopo l’epoca sasanide.
Dopo Tamerlano, suo figlio Shahrokh scelse la città di Herat come propria capitale e nominò altri principi timuridi come governatori delle diverse regioni dell’Iran. Olegh Beg divenne così il governatore di Samarcanda e della Transoxiana e Ebrahim Soltan assunse il governo di Shiraz.Durante il suo regno le biblioteche acquistarono prestigio e gli artisti da ogni parte, da Shiraz, Tabriz, e altrove, partirono alla volta di Herat. Sempre all’epoca di Shahrokh e dopo il viaggio del pittore di corte Qias ad-Din alla corte dei Ming in Cina, le influenze degli stili cinesi aumentarono, anche se ciò riguardava soltanto la progettazione delle componenti della composizione. Nel frattempo gli elementi iranico-cinesi si mescolarono e divennero simili a tal punto che non si può dire se quelle opere sono cinesi ma dipinte dagli Iraniani o viceversa sono opere iraniane che l’artista cinese ha imitato!
All’epoca di Baisonqor, figlio di Shahrokh, la scuola timuride giunse al suo apice. Baisonqor stesso fu un pittore e un ottimo calligrafo. Durante i 39 anni del suo regno, le arti come la pittura, la rilegatura e in generale le arti figurative giunsero all’apice dello splendore e la scuola di Herat divenne il più grande centro culturale ed artistico del tempo, ottenendo fama nel mondo con Kamal ad-Din Behzad. Behzad fu il primo pittore a firmare le proprie opere. Egli divenne talmente famoso che i sovrani mongoli dell’India cercarono di ottenere le sue opere ed altri artisti iraniani lo imitarono. I suoi metodi nel dipingere, dopo la sua morte, divennero le regole dell’arte pittorica. Egli fu contemporaneo di Sultan Hossein Baiqara e di Shah Ismail Safavide. Behzad fu nominato direttore della biblioteca reale di Shah Ismail e poi di Shah Tahmasb. I suoi maestri ad Herat furono Pir Sayed Ahmad Tabrizi e Mirak Naqqash.